Come Varese perse la fondazione Guttuso
Nel corso della sua lunga permanenza a Varese Renato Guttuso scelse di vivere la quiete e il silenzio di Velate come tempo da dedicare alla pittura e a una ristretta cerchia di amici sinceri: nessuno infatti lo vide apparire a cerimonie pubbliche o coinvolto in iniziative che potessero contraddire il tipo di vita che aveva scelto per i suoi soggiorni ai piedi del Sacro Monte. Accadde però che un giorno a Guttuso apparisse veramente inadeguato il suo studio: occorreva più spazio, ma per l’ampliamento della struttura era necessaria l’autorizzazione comunale e il maestro, che non conosceva nessuno, chiese aiuto a un amico fraterno, Giulio Andreotti.
Un breve, delicato, spiritoso messaggio venne inviato da Andreotti a Ernesto Redaelli, grande varesino, il quale lo recapitò al sindaco Gibilisco. Non c’erano vincoli e lo studio fu ampliato e reso più luminoso da una bella vetrata.
Ci furono poi diversi incontri tra il grande pittore e il sindaco soprattutto quando monsignor Macchi volle la realizzazione della Fuga in Egitto alla terza cappella della Via Sacra.
Un rapporto importante tra i due che sfociò in una mostra e nella cittadinanza onoraria al maestro. Mostra che Andreotti visitò il giorno prima dell’inaugurazione.
Fu poi lo stesso sindaco a dire a Renato Guttuso che con una fondazione il suo legame con Varese sarebbe diventato duraturo. L’idea piacque, Guttuso disse che la fondazione doveva contare sull’immobile dello studio, sulle opere presenti nella villa e altre, dipinte a Varese, da recuperare in diversi siti.
Renato Guttuso morì prima di completare la donazione: la
fondazione era stata costituita, ma all’attivo aveva solo lo studio, al passivo gli inutili sforzi per un dialogo
e una collaborazione con Carapezza, figlio adottivo dell’artista, e Dotti, nipote per parte di Mimise, la moglie.
A lottare come un leone e rimettendoci tempo e quattrini fu, nell’ambito della fondazione, una sola persona che si confermò tra i migliori figli di Varese: l’avvocato Luigi Zanzi.
Mi sembra giusto citarlo oggi quando nel ventennale della morte del maestro si parla, giustamente, della sua conversione alla fede negli ultimi giorni di vita, di donazioni possibili da parte di amici e di Andreotti che ci sprona a fare qualcosa per onorare il nostro concittadino.
Certamente allora ci furono tentennamenti da parte delle istituzioni varesine e di qualche fan di Guttuso, ma
non tali da pregiudicare i generosi tentativi di Luigi Zanzi: per far vivere la fondazione sarebbe bastato rispettare la volontà di Renato Guttuso, ben nota. Volontà che non era giuridicamente vincolante, ma appariva almeno come obbligo morale.
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