Piano di Sviluppo Regionale, le voci del territorio

Infrastrutture in ritardo, la gestione dei servizi (rifiuti, acqua), le comunità montane, un'agricoltura alle corde e Expo 2015 da "varesinizzare" fra i temi toccati dagli interventi delle parti convocate

Il PRS, Piano regionale di Sviluppo per la IX legislatura della Regione Lombardia, non vuiene semplicemente "accettato" passivamente ma deve essere partecipato. Era questa la ragion d’essere dell’incontro odierno al Pirellino di Varese e le voci del territorio si sono fatte sentire, senza particolare controversia con l’ente Regione ma portando avanti quelli che sono i legittimi interessi locali. Il documento mira alla Lombardia del 2020, più prosaicamente gli enti locali sembrano interessati a mettere insieme "pranzo e cena", come si dice da qui a domani, ma ci si confronta e si raccolgono voci ed esigenze locali: il metodo appare corretto e ben accolto. «I territori sono importanti» si è detto e ribadito alla presenza di un Raffaele Cattaneo soddisfatto di trovarsi a presiedere il tavolo territoriale della sua provincia.

Il presidente della provincia Dario Galli è tornato su alcuni punti specifici come la dotazione di piste ciclopedonali («terzi in Italia dopo Trento e Bolzano»), che sarà ulteriormente potenziata; sui rifiuti, con l’apposito piano provinciale e la soluzione della questione Accam (martedì è prevista la prossima assemblea dei soci ndr) si dovrebbe «chiudere definitivamente la questione», tanto più che, ricordava Galli, nel 2013 è previsto il 65% di raccolta differenziata e «presto assisteremo allo scenario di inceneritori in cerca di rifiuti che non ci sono più». Anche la questione ATO (ambito territoriale ottimale, gestione idrica) è stata ricordata dall’inquilino di Villa Recalcati, che osservava come essa resti complicata, con il quadro normativo cambiato quattro volte in pochi anni e la necessità di un chiarimento sulle competenze dei vari enti.
Bruno Amoroso, per la Camera di Commercio, è tornato sul progetto del collegamento autostradale Varese-Como-Lecco, che sarà costoso (da 1,1 a 1,4 miliardi circa), al punto di «non essere sostenibile con i soli pedaggi» e da richiedere un contributo pubblico pari al 50%, e complicato anche dal punto di vista ingegneristico – si prospettano molte gallerie – per tacere di quello politico, anche per la riconosciuta ostilità di vari enti locali. Soprattutto nel Comasco dove non sono solo i Comuni a puntare i piedi. A luglio lo studio del tracciato dovrebbe essere presentato in regione, a settembre al pubblico con un convegno a cura del comitato promotore.
Per il PD il consigliere regionale Alessandro Alfieri dichiarava a Varesenews: «Il problema è come concretizzare interventi che siano decisivi per questo territorio. Ad esempio collegare i due terminal di Malpensa, potenziare la ferrovia Rho-Gallarate. Che fine ha fatto poi il discorso sull’unificazione delle stazioni di Varese? Non se ne parla più. Il rilancio di Malpensa, l’Expo, il miglioramento della qualità di vita dei pendolari sono obiettivi chiave. Dobbiamo capire come suare l’Expo a vantaggio del Varesotto, ci vuole un maggiore protagonismo della Provincia. Come intercettare il flusso turistico atteso? Come far lavorare le nostre piccole e medie imprese per l’Expo?» Insomma, anche la grande manifestazione internazionale del 2015, milanese o no, diventa via via una coperta corta che bisogna imparare a tirare dalla propria parte. Anche questa è politica territoriale.

Qualche misurato "mal di pancia" è venuto da diversi settori presenti oggi. Per l’agricoltura il rappresentante Giovanni Giubilini ha fatto presente che va ben parlare di turismo "verde", ma perchè ciò si avveri va difeso il territorio e va difeso il ruolo di un’agricoltura condizionata da prezzi insostenibili (latte a 32 centesimi al litro). «Le aziende agricole rischiano di sparire» è il grido di dolore lanciato; il territorio «va curato, o diventa una distesa di rovi», nè si può concederlo ad infrastrutture che inevitabilmente lo consumano e spezzettano, oltrettutto è «una risorsa non rinnovabile». Bisogna dunque dialogare, argomenta Giubilini, comprendere i problemi degli agricoltori e quelli di uno sviluppo che sappia essere compatibile – il modello attuale, va da sé, «va modificato».
Anche dalla montagna varesina è giunta la voce critica della comunità montana del Piambello, che chiede maggiore elasticità («geometrie variabili») sulla gestione associata dei servizi da parte dei Comuni, o si rischia di svuotare o duplicare la comunità stessa. Le normative in vigore sembrano infatti non tenere conto delle specificità delle aree di montagna: «portare dei servizi a Marzio non è come portarlo a Induno».
Anche Gallarate, pur "fedele" politicamente, ha un dente che duole: il mancato finanziamento da parte del Cipe del terzo binario Fs tra Parabiago e la città dei Due Galli, lamentato dall’assessore Massimo Bossi. Sempre Bossi chiedeva poi lumi sul cronoprogramma, a questo punto, di un’opera che rischia di non esserci affatto entro Expo 2015, nonché sul collegamento stradale fra Pedemontana, Autolaghi e superstrada 336, sul collegamento ferroviario, infine, fra i due terminal di Malpensa e Gallarate: «Stiamo facendo il PGT» la motivazione, più che sensata, della richiesta di chiarimenti.

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Pubblicato il 25 Giugno 2010
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