Lombardia in prima fila contro il consumo di suolo
Di Simine, presidente Legambiente Lombardia: "Dobbiamo credere nella rigenerazione urbana e nel monitoraggio del territorio".
Meno terreni destinati all’agricoltura, impermeabilizzazione del suolo, abbruttimento del paesaggio. Sono solo alcune delle conseguenze che il consumo del territorio ha provocato negli ultimi 60 anni di urbanizzazione selvaggia. Basta guardarsi intorno per rendersene conto. Oggi, quasi fuori tempo massimo, il dibattito pubblico sull’argomento si rianima. Merito delle tante associazioni che hanno lottato per portarlo nelle agende politiche dei partiti e dei cittadini che le hanno appoggiate. Uno dei risultati di questa lotta per la salvaguardia del paesaggio italiano è l’appuntamento di domani, giovedì 5 giugno, in via Filzi 22 a Milano, dove verrà presentato il rapporto 2014 del Centro di ricerca sui consumi di suolo.
Un dibattito a cui parteciperà anche l’assessore regionale al Territorio, Viviana Beccalossi, e che cade proprio nei giorni in cui a Palazzo Lombardia inizia il dibattito su una legge regionale che, secondo Damiano Di Simine presidente di Legambiente Lombardia, si candida ad essere una delle più efficaci d’Europa in materia di consumo di suolo.
«Ad oggi non ci sono nuove norme, né nazionali né regionali, per quel che riguarda il consumo di suolo – dice Di Simine -. Questo nonostante la proposta di legge di iniziativa popolare presentata da Legambiente nel 2009 e, putroppo, affossata. Oggi Lombardia, Veneto e Toscana hanno in cantiere progetti di legge sull’argomento e tra questi quello della Lombardia si candida a essere tra i migliori in Europa. I principi su cui si fonda sono giusti, ora non rimane che aspettare la discussione in commissione». Ma come si concilia una legge con gli oneri di urbanizzazione, da sempre leva finanziaria dei comuni italiani? «Questa è materia statale. Noi ci limitiamo a riconoscere la validità dei principi di una legge che riconosce il suolo come bene comune. È finita l’epoca in cui, come è stato fino a oggi, costa meno costruire ex novo rispetto a costruire in zone dismesse e abbandonate. Oggi dobbiamo credere nella rigenerazione urbana, nella ristrutturazione delle tante aree dismesse, nel principio della compensazione ecologica e nel costante monitoraggio del territorio».
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