“La malattia ha quattro fasi e non danneggia solo i polmoni”

Luigi Pusterla, primario di Malattie Infettive del Sant'Anna mette in guardia dal Covid: "In percentuali basse coinvolge non solo il sistema respiratorio ma cervello, cuore, reni, fegato e apparato vascolare“

dottor pusterla infettivologo

«L’unica cosa certa al momento è che il virus Covid-19 provoca un’infezione ad elevata contagiosità, che nella gran parte dei casi si risolve con una sintomatologia lieve o moderata ma in una percentuale di casi non trascurabile provoca una vera e propria sindrome da Covid-19 che coinvolge tutto l’organismo cioè più organi e non solo il sistema respiratorio ma cervello, cuore, reni, fegato, apparato vascolare”. Luigi Pusterla è primario di Malattie Infettive all’ospedale Sant’Anna, reparto che fin dall’inizio dell’emergenza è stato inserito nella rete regionale per la gestione e il ricovero dei casi di Coronavirus.

Comasco, classe 1960, Pusterla si è laureato in Medicina alla Statale di Milano dove ha conseguito la specializzazione in Medicina Tropicale. All’ospedale Sant’Anna lavora dal 1992 quando la pandemia aveva il nome di Aids: «E mai avrei immaginato di dover assistere ad una seconda pandemia di tali proporzioni» spiega.

«In una percentuale pari al 5%-10% come recentemente pubblicato da Science, oltre ai polmoni è emerso che Covid-19 può danneggiare cuore e vasi sanguigni, reni e cervello, intestino, occhi e perfino le dita delle mani e dei piedi – prosegue Pusterla – Abbiamo capito che più o meno la malattia, nella sua fase sintomatica comprende tre/quattro stadi che possiamo suddividere tra una fase iniziale o precoce che corrisponde alla fase viremica, che dura circa tra i quattro e i sette giorni. Durante questa fase avviene la replicazione virale ed una iniziale risposta infiammatoria con i classici segni simil-influenzali di febbre, tosse, dolori muscolari e malessere generale».

«Nella seconda fase, che possiamo definire fase polmonare, il virus infiltra il parenchima polmonare con incremento della permeabilità endoteliale, vasodilatazione, reclutamento dei leucociti con danno polmonare e impegno cardiovascolare. La terza fase corrisponde alla risposta del nostro sistema immunitario e in alcuni casi è estremamente tumultuosa con gravi conseguenze. La quarta fase, infine, è di defervescenza (cessazione della febbre, ndr)».

«Per questa infezione o meglio sindrome da Covid-19, non abbiamo ancora una cura certa. Alcuni farmaci utilizzati hanno dato buoni risultati con alcuni pazienti ma nessuna risposta con altri e purtroppo non ci sono al momento “esperti” visto che la scoperta di questa patologia risale a poco più di tre mesi fa».

I sintomi tipici della malattia sono febbre (99% dei casi), astenia (70%), tosse secca (60%), anoressia (40%), dolori muscolari (35%), dispnea (30%), alterazione del gusto e dell’olfatto (30%) e tosse produttiva (25%), in una minoranza di casi sono stati riportati anche sintomi gastro-intestinali, in particolare diarrea che alcuni autori correlano alla diffusione del virus a livello intestinale. Altri sintomi messi in relazione all’infezione da Covid-19 sono cefalea e rinorrea (naso che cola).

Ad aggravare la situazione pesano molto anche gli aspetti psicologici causati ad esempio dal fatto che i pazienti in ospedale non possono ricevere visite e la comunicazione telefonica con i parenti al momento sembra l’unica strada percorribile.

«Personalmente ritrovo in questa sindrome molte somiglianze con l’Hiv (il virus che provoca l’Aids, ndr). Come allora ci si trova a cercare di rispondere ad alcune domande come “me la caverò dottore? quali sono le mie possibilità di guarire? sa dirmi quale è la mia prognosi?”. Sono contrario a dare numeri e statistiche ma come allora si parlava di fattori prognostici negativi quali la carica virale, il numero dei CD4 (un tipo di globuli bianchi che difendono l’organismo dalle infezioni e svolgono un ruolo importante nel sistema immunitario, ndr), l’esordio della malattia, anche oggi possiamo dire che vi sono fattori prognostici negativi anche per l’infezione da Covid-19 quali la tipologia di esordio della malattia, l’età del paziente, il quadro polmonare iniziale e la sua evoluzione, le varie comorbilità in particolare cardiovascolari, metaboliche, neoplastiche e pertanto quello che bisogna fare è inquadrare globalmente il paziente senza limitarsi al problema respiratorio e cercando una collaborazione multidisciplinare».

Quale è la terapia? «Ad oggi non abbiamo ancora certezze sulla terapia – prosegue Pusterla – e non ci sono tuttora risultati scientifici eclatanti e pubblicazioni con forte evidenza sui diversi farmaci utilizzati e sperimentati. Per quanto riguarda la terapia con il plasma i risultati preliminari sembrano molto promettenti anche se siamo ancora in una fase di studio»”.

E il futuro? «Dovremo imparare a convivere con mascherine, distanziamento sociale, lavaggio quasi ossessivo delle mani. Soprattutto non potremo abbassare la guardia perché è importante ricordare che per diversi mesi il virus sarà in circolazione».

Pusterla è uno dei componenti dell’unità di crisi istituita a marzo dalla direzione generale. Tale unità ha definito, in particolare, le diverse tappe della riorganizzazione ospedaliera che, in brevissimo tempo hanno portato a destinare al trattamento dei pazienti 413 posti letto di cui 46 in terapia intensiva (sono 993, al 19 maggio, i pazienti assistiti all’ospedale Sant’Anna, di cui 849 della provincia di Como).

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 20 Maggio 2020
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