Usa ’94 e il futuro del calcio italiano, Varese e la crescita dei figli. Dino Baggio: “Testa e determinazione”

Intervista al vicecampione del mondo, presenza fissa al "Franco Ossola" per seguire i due figli Alessandro e Leonardo che giocano in biancorosso

dino baggio alessandro leonardo

È trentesimo per presenze in nazionale, avendo vestito per 60 volte la maglia Azzurra. Vicecampione del mondo nel 1994, nel suo palmares ci sono un campionato di Serie B, una Mitropa Cup, una Coppa Italia, una Supercoppa Italiana, tre Coppa Uefa e detiene ancora il record di gol segnati nelle finali della seconda competizione europea per club con cinque centri. Dino Baggio, insomma, non ha bisogno di grandi presentazioni. È stato uno dei più forti centrocampisti italiani, un mix di potenza fisica, tecnica e senso tattico, che lo ha portato a traguardi altissimi. Ora la sua vita è dedicata ai figli Alessandro (difensore classe 2002) e Leonardo (centrocampista classe 2003), che vestono la maglia del Varese in Serie D e cercano di farsi largo in campo e costruirsi un futuro. L’ex centrocampista di Toro, Juve, Inter, Parma e Lazio (e non solo) segue da vicino i suoi ragazzi, assieme alla moglie Teresa, diventando una presenza fissa al “Franco Ossola” e spesso anche in trasferta.

Dino, cosa fa oggi nella vita?

Sono sempre a Tombolo (il paese in provincia di Padova dove è cresciuto, ndr). Prima che i ragazzi crescessero facevo il tecnico nel settore giovanile a Montebelluna. Abbiamo fatto Allievi Nazionali e Juniores, ottenendo buoni risultati. Poi però Alessandro e Leonardo sono stati presi al Monza e quindi ho deciso di dedicarmi a loro, ed è quello che sto facendo adesso.

Che tipo di genitore è?

Ho lasciato loro libera scelta riguardo allo sport da praticare: ho detto loro che non erano obbligati a fare calcio perché io sono stato calciatore. Mi è sempre importato che si impegnassero. Cerco di essere distaccato perché devono fare le loro esperienze, se poi mi chiedono consigli cerco di darglieli in base alla mia esperienza. Capisco che per loro non è semplice giocare per via del loro cognome, ma ho sempre detto loro di dare il 100% in allenamento e partita, in maniera che nessuno potrà dire nulla. Prima di tutto però mi interessa il comportamento, da persone per bene. Poi nella vita sarà quel che sarà, ma se dai il massimo prima o poi vieni ripagato

E da padre sugli spalti come vive le partite?

In tribuna io sto male. Finita la partita devo fare la doccia anche io. Il mio pensiero è che escano dal campo senza infortuni. Da calciatore non ci fai caso, ma quando sei fuori da genitore è un pensiero costante. Quando Alessandro ci ha chiamato un paio di settimane fa per il colpo all’occhio ero in subbuglio. Stavamo mangiando e ho lasciato lì tutto per correre all’ospedale, da casa a Varese è stato un viaggio lunghissimo. Mi sono tranquillizzato solo quando l’ho visto dal vivo.

Ce li descriva, Alessandro e Leonardo.

Loro sono bravi ma credo che anche come genitori abbiamo fatto un buon lavoro. Anche domenica allo stadio un signore ci ha fermato facendoci i complimenti per la loro educazione e quando ho questi riscontri sono felice. Devo dire che anche nelle altre piazze in cui siamo stati, da Monza a Bra, ma anche a scuola, ci hanno sempre detto che erano dei ragazzi a posto. Possiamo dire che io e Teresa (la moglie, ndr) abbiamo fatto un buon lavoro.

E in campo?

Sono giovani e devono migliorare, ma sono contento di quello che stanno facendo. Spero che la prossima stagione, a Varese o da un’altra parte, abbiamo più possibilità di farsi vedere. Ale ha avuto un anno così così e per Leo era il primo vero anno in prima squadra, oltre a qualche problema fisico, anche dovuto al fatto che sta crescendo tanto fisicamente. Ci tengono e sono professionali, anche quando sono a casa si allenano. Dico loro che non bisogna mai mollare perché nelle difficoltà si cresce e devo dire che quest’anno li ho visti maturare tanti.+

calcio varese bra
Alessandro in azione contro il Bra domenica scorsa

Veniamo a Varese: la notizia di settimana sono le dimissioni di Rossi

Non me le aspettavo. La squadra comunque è stata sempre in zona playoff e quando ho visto la notizia mi ha colpito. Con lui ho avuto un rapporto normale, ci siamo sentiti qualche volta e un paio di volte ci siamo fermati a chiacchierare dopo le partite, ma solo riguardo ad aspetti legati ad Alessandro e Leonardo fuori dal campo.

Come ha visto la squadra ultimamente?

Qualche settimana fa mi è sembrata un po’ sulle gambe, credo anche a causa all’aspetto mentale di quando le cose non vanno. Domenica contro il Bra stavano facendo bene, poi c’è stato quell’infortunio del portiere che capita; Trombini ha salvato spesso le partite in questa stagione. Quando però hanno trovato il gol è cambiata la partita e potevano anche vincere. Nel corso della stagione non puoi sempre andare a mille ma quella reazione mi fa ben sperare: è stato un bel segnale di ripresa. Come squadra credo ancora sia una delle più forti del girone.

E domenica ci sarà la trasferta di Sanremo contro la seconda della classe

Meglio subito una forte perché se fai bene ti dà la spinta giusta. Hai due risultati su tre e se fai il colpo tanto di cappello. I ragazzi mi hanno parlato bene di mister Porro, speriamo possa ottenere risultati, è giovane e anche per lui è un’opportunità.

Come vede questo finale di stagione per il Varese?

Delle squadre si sono avvicinate al Varese e il Derthona sembra aver preso un buon margine. Bisogna fare bene queste sette partite, fare punti e cercare di non perdere. Sono 7 finali per i playoff. Sarà una lotta dura, nulla è deciso e anche per il primo posto  il Novara dovrà stare attento.

Lei ha vestito la maglia Azzurra 60 volte. Vedere l’Italia non qualificata per la seconda volta a un Mondiale che effetto le ha fatto?

È un problema che viene da una mancanza di programmazione da 10 anni e forse anche di più. Non puoi pensare di qualificarti se non hai i giovani che giocano e che sono pronti per la convocazione. Servono regolamenti nuovi ed è una questione politica. Io metterei 6 italiani obbligatori per ogni squadra, allora vedi che saltano fuori i giocatori bravi. Quando in una formazione di Serie A giocano 11 stranieri non può andare bene per la Nazionale. E se non cambia rischiamo di saltare anche il terzo mondiale. Tutto per questioni economiche: non capisco perché non investire nei giovani. Anche in Serie D e il Lega Pro ci sono bravi giovani, ma se fai giocare tutti stranieri togli loro lo spazio che necessitano. Bisogna pulire un po’ e mettere persone con personalità. Sento spesso Roberto Baggio e, su proposta della Federazione,  aveva fatto un progetto di grande spessore per il futuro del calcio italiano. Poi però è stato messo in un cassetto o peggio buttato nella spazzatura.

Ha giocato da protagonista il Mondiale Usa 1994. Che ricordi ha di quell’esperienza?

Per me è stato il top. Avevo 22 anni ed era il mio primo mondiale, ho fatto gol importanti e determinanti. Non c’è giorno che passi, almeno per 10 secondi, nel quale penso che non sono campione del mondo solo per i rigori, dopo aver pareggiato in campo. Ancora non me lo spiego. Preferivo perdere 2-0 a quel punto. Il momento più bello per me è stato il gol con la Norvegia che ci ha mandato avanti quando eravamo a un passo dall’eliminazione. È stato comunque tutto bellissimo, al di là dei mille problemi che abbiamo avuto. Nella partita con la Nigeria abbiamo capito il nostro valore, ma è stato un  Mondiale faticoso, con un caldo infernale e l’umidità che non ti lasciava respirare. Alla finale eravamo cotti, abbiamo giocato in controllo perché facevamo fatica ad andare in attacco.

Torino, Inter, Juve, Parma, Lazio. Ha vinto tanto in carriera, ma qual è il trofeo al quale tiene di più?

il trofeo più bello è stata la Coppa Uefa con il Parma, togliendomi un sassolino dalla scarpa perché la Juve mi aveva venduto senza il mio consenso. Ero avvelenato e riuscire a portare a casa quel trofeo, impedendo alla Juve di fare la tripletta con Coppa Italia e Scudetto, è stata una bella soddisfazione. Ho ancora il record di gol segnati nelle finali di Coppa Uefa e me lo tengo stretto; sarà difficile da battere perché ai tempi le finali erano giocate su andata e ritorno, oggi in partita secca. A Parma ho passato 7 anni meravigliosi, eravamo fortissimi. Quando torno in città mi accolgono sempre benissimo e allo stadio mi fanno ancora i cori.

Vuole dare un consiglio ai ragazzi che giocano a calcio, come ai suoi ragazzi?

Di tenere duro. Ho visto giovani lasciare alla prima difficoltà e non va bene. Ogni ostacolo ti aiuta a crescere. Bisogna pensare al traguardo e non credere a chi ti promette la Serie A. Per prima cosa però si deve credere in se stessi, guadagnarsi le cose con i propri mezzi. Quando hai passione, voglia, determinazione e la testa giusta, oltre a un po’ di fortuna a livello fisico, si può arrivare.

Francesco Mazzoleni
francesco.mazzoleni@varesenews.it
Sport e Malnate, passione e territorio per comunicare e raccontare emozioni
Pubblicato il 07 Aprile 2022

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