Borse di studio, questionari, incontri: il basket a Varese è sempre più “una scuola di vita”
Alla Enerxenia Arena le premiazioni per la 20a edizione dell'iniziativa di Pallacanestro Varese. Che si è arricchita con il supporto ai bimbi ucraini e con uno studio dell'Università Cattolica
Nel corso degli ultimi vent’anni – tante sono le stagioni nelle quali il progetto è stato proposto – anche il nostro giornale ha dedicato numerosi articoli a “Basket una scuola di vita”, ovvero quell’esperienza promossa da Pallacanestro Varese che permette agli studenti della provincia di entrare a stretto contatto con la società sportiva più importante del territorio.
Il format è simile fin dalla prima volta: i giocatori biancorossi, accompagnati dai dirigenti, incontrano bambini e ragazzi, parlano della loro esperienza e “invitano” le scolaresche al palazzetto dove – con striscioni e bandiere “fatti in classe” – i giovani tifosi possono fare il tifo per Varese.
Questo schema è valido ancora oggi, ma senza dubbio “Basket una scuola di vita” è diventato negli anni sempre più grande, aggiungendo o inglobando nuove proposte e iniziative per un coinvolgimento sempre maggiore di giovani. Un’attività che serve a tutti: al club per allargare la propria base di fan anche alle età più “verdi”, agli istituti che propongono attività alternative e originali, a ragazze e ragazzi che entrano in contatto con un mondo – quello dello sport professionistico – solitamente visto attraverso la televisione o comunque non frequentato da vicino.
Oggi – venerdì 10 giugno, alla Enerxenia Arena di Masnago si è concluso il ventesimo ciclo dell’iniziativa, sempre condotta per Pallacanestro Varese da Raffaella Dematté che ha sottolineato come «In 20 anni abbiamo effettuato circa 300 incontri tutti diversi l’uno dall’altro. Magari simili, ma unici e irripetibili come unico è ognuno di noi, come irripetibile ogni nostra esperienza. Un format che non è mai scontato». E accanto alle premiazioni tradizionali sono state raccontate e presentate le attività che hanno reso ancora più grande “Basket una scuola di vita”.
Un esempio sono le borse di studio dedicate a Emilio Forni, storico tifoso biancorosso e animatore de “Il basket siamo noi” scomparso un paio di anni fa. Dopo una prima edizione “tradizionale”, la quota prevista per le borse è andata quest’anno ai circa 50 giovanissimi ucraini arrivati a Varese dopo lo scoppio della guerra. «Bambine e bambine giunti qui con un “piano di vita” stravolto, bisognosi di accoglienza e coccole prima che di apprendimento – ha raccontato l’assessore comunale Rossella Dimaggio, accompagnata dal sindaco Davide Galimberti e dall’assessore allo sport Stefano Malerba – Abbiamo addirittura dovuto togliere il suono della campanella perché per loro era causa di spavento». Paola Biancheri, de “Il basket siamo noi”, ha aggiunto: «Emilio (Forni ndr) ha fatto dell’accoglienza un suo stile di vita, la sua casa era sempre aperta e per questo abbiamo deciso di assegnare le borse ai giovanissimi profughi ucraini. Ognuno di loro ha ricevuto un kit per fare sport: li abbiamo portati al palazzetto ed erano estasiati, dopo tanta sofferenza. Il Panathlon e Elmec Informatica hanno scelto di aiutarci e speriamo che arrivino anche altre donazioni».
Un’altra iniziativa è stata realizzata in collaborazione con la professoressa Valeria Resta dell’Università Cattolica di Milano. Quattro suoi specializzandi in psicologia (Michele, Mattia, Giorgio e Alessandro) hanno somministrato un questionario per approfondire il legame dei partecipanti a “Basket una scuola di vita” con lo sport in generale, con il basket e con la Pallacanestro Varese. Un’operazione (anche qui con il supporto del trust) che va, tra l’altro, nella direzione voluta da Luis Scola che sta lavorando per attrarre sempre più giovani al palazzetto (l’88% delle risposte arriva da ragazzi tra i 14 e i 18 anni). Il quadro finale parla di una certa attenzione dei ragazzi verso lo sport e il basket, mettendo però in luce numerose aree nelle quali è possibile intervenire.
Banalmente, tra chi non frequenta palazzetto, ci sono molti ragazzi e ragazze che non sanno con chi raggiungere Masnago (per contro, è molto sentita la possibilità di assistere alle partite con gli amici), altri che – per ora – seguono solo il basket NBA, altri ancora non praticano alcuno sport. Spunti importanti per chi deve lavorare su questo fronte.
Infine la giornata è servita anche per premiare due degli istituti coinvolti quest’anno in “Basket una scuola di vita”. La scuola “Sacro Cuore” di Besozzo, con la professoressa Cerri e la maestra Stefania Trovato, ha ricevuto una targa come “Best Supporter” per il forte e lungo legame che è stato creato tra l’istituto e l’iniziativa. L’IIS “Edith Stein” di Gavirate (con i prof. Giovanni Todisco e Laura Ceresa) invece è stato premiato quale scuola che ha offerto la massima partecipazione al questionario dell’Università Cattolica e del trust. A entrambe le realtà sono andati palloni (autografati da capitan Giancarlo Ferrero) e gadget biancorossi.
Lo stesso Ferrero – sette anni con la Openjobmetis e in procinto di iniziare l’ottavo anno – e il team manager Max Ferraiuolo hanno portato la loro “versione dei fatti”. «Quando i giocatori devono partecipare a un incontro nelle scuole si chiedono sempre quel che possono dire ai ragazzi – ha detto Ferraiuolo – ma al termine ne escono stimolati e felici di aver fatto da esempio per gli studenti». «Torni arricchito per quello che ti accade – conferma Ferrero – Noi spieghiamo quanto il basket e lo sport ci abbiano aiutato a crescere e a superare le difficoltà, è una grande opportunità per tutti. Io cerco di raccontare come sono riuscito a organizzarmi tra studio e allenamenti. Alla domenica poi sappiamo qual è il settore dove si trovano i ragazzi e riusciamo a salutarli».
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