La strage degli innocenti in politica

L'analisi post voto di Alessandro Vedani, già sindaco di Buguggiate e senatore della Lega

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Riceviamo e pubblichiamo l’analisi post voto di Alessandro Vedani, già sindaco di Buguggiate e già senatore della Lega

La strage degli innocenti.
Quante persone valide ho avuto modo di conoscere quando ero attivo in politica, quanta passione. Quanti cadaveri ho visto sul terreno.
Ad ogni tornata elettorale c’è chi sbarella perché escluso o perché messo in posizioni di lista tali da essere illeggibile. Capita, è fisiologico e comprensibile.
Lo sbarellamento in epoca dei social è capillarmente monitorato dagli apparati partitici.
Nel mondo politico 2.0 i dissidenti sono morti che camminano, destinati ad un lento ma inesorabile declino. Non vengono certamente buttati fuori, ma saranno usati e spremuti fin tanto che, rendendosene conto, si ritireranno di loro sponte. Nel frattempo saranno tenuti cinicamente in aspettativa. Alcuni sono in difficoltà in quanto sono rimasti per un lungo periodo fuori dal mondo del lavoro stante l’impegno profuso in politica. Perché la politica impegna, chessenedica. D’altronde un libero professionista fermo per 5 anni si ritrova in serie difficoltà perché i clienti mica lo aspettano…
Fatti loro, direbbe giustamente qualcuno.
Ok, ma esiste anche chi dissente in quanto libero pensatore; la politica è piena di persone che ci credono a prescindere dalla vil pecunia.
In ogni caso gli eretici sono a scacco matto; vengono subito dipinti mediaticamente come cadregari che piagnucolano perché vogliono la poltrona comoda. Banalizzazione facile-facile da far passare in un nano secondo.

Rimane il fatto che questa moria di risorse umane costituisce uno spreco immane e un danno enorme. Un patrimonio di esperienze buttato nel cesso.

Vista dall’interno delle strutture partitiche la strage degli innocenti è funzionale a consolidare il controllo da parte del “monarca”.
Curioso il fatto che per quest’ultimo è invece considerata blasfema l’etichetta da cadregaro; la retorica impone la venerazione e la vestizione da saggio statista.
Tutto dipende dal fatto che il livello democratico dei partiti è caduto in picchiata negli ultimi decenni. Questa tendenza è comune a tutti i partiti, chi più e chi meno. Tra i “chi più” la lega spicca incontrastata. Unico caso al mondo in cui il segretario ha messo a statuto che il partito abbia il suo cognome: lega per Salvini primer (da non confondere con la prassi diffusa di “personalizzare” il simbolo elettorale). La faccenda è decisamente imbarazzante per chi dovrebbe avere nel DNA principi di organizzazione federalista.
Qualcuno potrebbe dire: ma alla fine chissene. Ce ne frega parecchio invece, perché tutto ciò ha evidenti ripercussioni esterne, dal momento che i partiti, lo si voglia o meno, sono il perno intorno al quale ruota la politica.

Una proposta intelligente per mitigare queste tendenze autoritarie la fece parecchio tempo fa un democristiano di ferro, ossia Pierferdinando Casini: subordinare i rimborsi elettorali a parametri di democraticità del partito che ne beneficia. Ergo toccarli sul vivo.
Conseguentemente si farebbero i congressi, ci sarebbero delle voci critiche libere senza rischio di epurazione, in altri termini una spinta al miglioramento/evoluzione.
I segretari risponderebbero dei loro sbagli, non verrebbero visti come entità sovrannaturali da venerare.
Ci sarebbe più collegialità nel scegliere le candidature nei “listini” e nei collegi.
Si strutturerebbe un radicamento del partito sul territorio fatto di libere elezioni interne e non di commissari….
Purtroppo invece ad ogni elezione le teste pensanti vengono fatte fuori e sostituite dai fedelissimi del capo in un processo inesorabile di implosione.

All’orizzonte emerge però una certezza suffragata da ciò che è successo nell’ultimo quarto di secolo:
l’elettorato premia la novità politica, sia essa reale che percepita. L’ha dimostrato negli ultimi decenni, in ordine: Bossi, Berlusconi, Renzi, Grillo, Salvini ed ora la Meloni. C’è un 30% dei votanti che fluttua da una parte all’altra senza particolari problemi.
Il segretario invece che fare di tutto per monopolizzare una struttura partitica dovrebbe essere al servizio della stessa e favorire il rinnovo se non altro per opportunismo elettorale.
Il problema è che mica la capiscono ‘sta cosa. Figuriamoci, la struttura-partito è formata da persone dipendenti dal volere del capo e da un obbligo di riconoscenza nei suoi confronti. Sono anch’essi morti che camminano, semplicemente perché hanno rinunciato ad essere uomini liberi.

di
Pubblicato il 30 Settembre 2022
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