“Peppa Pig contro la famiglia tradizionale? Guardatevi i cartoni giapponesi”

Massimo Nicora, il più grande esperto italiano di Goldrake, interviene sul caso sollevato da Fratelli d'Italia che ha bloccato la messa in onda di una puntata del celebre cartone animato

Generico 05 Sep 2022

Massimo Nicora, giornalista, laureato in filosofia, cazzaghese di nascita e nel cuore, è tra i massimi esperti di manga e cartoni animati. Autore di libri su Goldrake , C’era una volta Goldrake. La vera storia del robot giapponese che ha rivoluzionato la TV e il mercato del giocattolo in Italia , “C’era una volta… prima di Mazinga e Goldrake. Storia dei robot giapponesi dalle origini agli anni Settanta”, si occupa di comunicazione e relazioni con la stampa per la promozione di videogame, home video, animazione.  Nicora ha collaborato con diverse testate scrivendo di videogiochi e tematiche legate all’animazione giapponese degli anni Settanta e Ottanta. A lui abbiamo quindi chiesto un intervento sulla decisione della Rai di sospendere la messa in onda di una puntata di Peppa Pig, in cui si trattava il tema di una famiglia composta da due mamme e un bambino.
Eccolo di seguito

È di qualche giorno fa l’attacco lanciato da Federico Mollicone, responsabile cultura di Fratelli d’Italia e candidato alla Camera dei Deputati, nei confronti del noto cartone animato Peppa Pig.

Il motivo è semplice. Gli autori, per la prima volta, hanno confezionato un episodio, non a caso intitolato “Famiglie”, in cui fa la comparsa un nuovo personaggio, Penny Polar Bear, un amico di Peppa che ha due mamme. La sua è dunque una tipica famiglia “arcobaleno” nella quale, dice il simpatico personaggio con la naturalezza e l’innocenza propria di ogni bambino: «Io vivo con la mia mamma e l’altra mia mamma. Una mamma fa il dottore, l’altra cucina spaghetti. E io adoro gli spaghetti!».

Secondo Mollicone la scelta degli autori è inaccettabile, come inaccettabile sarebbe l’indottrinamento gender che, facendo leva su un abuso del politicamente corretto, manderebbe un messaggio sbagliato ai bambini. Per questo motivo il politico ha chiesto alla Rai, che ha acquistato i diritti per la trasmissione della serie (pagandoli con i soldi del canone), di non trasmettere l’episodio incriminato. Cosa si potrebbe rispondere a una richiesta del genere?

Il simpatico Marco Pagot, esperto e abile aviatore della Regia Aeronautica Italiana trasformatosi in un maiale a causa di una specie di sortilegio e protagonista del celebre film di animazione Porco Rosso, scritto e diretto da Hayao Miyazaki, probabilmente avrebbe risposto con la più famosa delle sue battute: «Meglio porco che fascista!».
Al di là della facile ironia, comunque, è opportuno osservare come le considerazioni del rappresentante di Fratelli d’Italia nei confronti di Peppa Pig sia “inattuale” nel senso negativo del termine (Nietzsche mi perdoni), ossia siano fuori dal tempo perché in ritardo di oltre settant’anni dal momento che il mondo dei fumetti e dei cartoni animati, soprattutto in Giappone, fin dagli anni ’50 ha sdoganato il tema del gender e dell’ambiguità sessuale con una finalità eminentemente positiva: combattere ogni tipo di discriminazione e non certo sostenere, come molti politici odierni non perdono occasione di rimarcare, un complotto mirante alla distruzione della famiglia tradizionale.

Gli esempi a tale riguardo sono davvero molti e giova citarne almeno qualcuno. Pensiamo a Osamu Tezuka (1928-1989), “Il dio del manga”, che in diverse sue opere a fumetti e di animazione ha proposto dei personaggi caratterizzati da un’ambiguità sessuale di fondo. Nel manga del 1949 Metropolis la protagonista Mitchy è un robot dall’aspetto androgino che, grazie a un tasto collocato in gola, può cambiare sesso passando da maschio a femmina e viceversa. Oppure pensiamo alla Principessa Zaffiro, protagonista dell’omonimo manga e cartone animato la quale, a causa dell’errore di un angelo, è nata con un animo per metà maschile e per metà femminile.

Chi poi non ricorda la famosissima Lady Oscar, le cui avventure sono state raccontate da Riyoko Ikeda in un manga poi trasposto in animazione e arrivato sulla televisione italiana nel marzo di quarant’anni fa. Oscar François de Jarjayes è senza dubbio una delle figure più rivoluzionare e, potremmo dire progressiste, mai approdate suoi nostri teleschermi. Allevata come uomo dal padre affinché diventi capitano delle guardie reali al servizio di sua maestà (siamo nella Francia di fine Settecento) si ritrova a vivere una vita diversa da quella che avrebbe dovuto vivere in quanto nata donna. E questa ambiguità si mostra tutta nella costruzione di una propria identità che è anche una battaglia interiore tra la sua identità biologica e quella che la società le/gli ha appiccicato addosso. E che, a tratti, esplode in maniera incontrollata, come nel famoso dialogo con l’amico di sempre Andrè che finisce per dichiarare il suo amore per lei: «Aspetta, devo parlarti… Dal momento che ho deciso di vivere come un uomo, volevo dirti che non intendo più continuare ad avere il tuo aiuto, André. Vedi, io ancora non so quale sarà il mio prossimo incarico, ma appena lascerò la guardia reale, credo che non avrò più alcun bisogno di te. Devo imparare a vivere senza appoggiarmi a nessuno. Buonanotte, André». «Anche io ti devo dire una cosa: una rosa è una rosa, anche se essa sia bianca o rossa. Una rosa non sarà mai un lillà, Oscar».

Se dagli anni ‘80 passiamo poi agli anni ’90 non faticheremmo a trovare molti altri esempi in cui il tema dell’identità di genere viene messo nuovamente in evidenza. Nella serie TV Ramna ½ di Rumiko Takahashi (sempre tratta dal manga omonimo) arrivata sulle televisioni locali italiane nel 1995 il protagonista è vittima di una maledizione e può cambiare sesso da uomo a donna e viceversa, semplicemente venendo a contatto con acqua fredda o calda. Una situazione questa che dà vita a siparietti sempre molto divertenti.

Ci sono poi serie come One Piece che vanno addirittura oltre e propongono personaggi deliberatamente transgender come il pirata Emporio Ivankov, il cui aspetto ricorda quello di una drag queen. A prima vista potrebbe apparire sguaiato e volgare, ma conoscendolo più a fondo si scoprirebbe che dietro il suo aspetto eccentrico si nasconde una persona che crede fortemente nell’amicizia e ritiene che una persona dovrebbe essere ciò che desidera, uomo, donna o gay.

Venendo agli anni 2000 non possiamo, infine, non citare Wandering Son, un manga originariamente pubblicato in Giappone a partire dal 2003 e trasposto in anime nel 2011, mai giunto in Italia, ma che narra una storia molto profonda e toccante, quella di due giovani studenti transgender delle medie, Shuichi e Yoshino che iniziano, tra tanti dubbi, un percorso alla scoperta della propria identità di genere, che li porta a confrontarsi con gli altri in una ridda di situazioni dove la diffidenza e la derisione lascia poi finalmente spazio alla comprensione e all’essere accettati per quello che si è.

Il dualismo uomo-donna e il cosiddetto gender sono dunque argomenti che il mondo del fumetto e dell’animazione in Giappone ha trattato fin dagli anni ’50 per arrivare ai giorni nostri con una consapevolezza sempre più matura e diffusa, senza preconcetti di sorta o volontà di imporre un determinato modo di pensare. Semplicemente raccontare certe storie e proporre determinati personaggi è un modo di descrivere la realtà, una realtà che cambia e che da tinta unita diventa sempre più “arcobaleno”.
Una realtà su cui vale la pena riflettere e dietro a cui si cela uno dei grandi problemi della nostra società: la capacità di accettare, comprendere e rispettare il diverso.

Andando ancora più a fondo potremmo addirittura dire che il dualismo uomo-donna è solo uno dei vari modi il cui il problema del “diverso” viene tratteggiato. C’è, infatti, anche il dualismo tra uomo e robot, tra una razza e l’altra, tra terrestre ed extraterrestre, con personaggi che si ritrovano a vivere una vita “ mezzo” tra due nature differenti, con tutti i problemi e i turbamenti che questo comporta e, soprattutto, con l’enorme problema di essere accettati dagli altri per quello che si è, senza discriminazioni di sorta, esclusioni o rifiuti.

Il messaggio dunque è chiaro: impariamo a conoscere le differenze e ad accettarle. E impariamo a farlo fin da bambini, quando la naturalezza e la spontaneità ci permettono di vedere nell’altro un altro bambino e non un diverso. Come disse il famoso scrittore per ragazzi Gianni Rodari, dobbiamo avere più fiducia nei bambini. Sono più intelligenti di quello che crediamo noi adulti.
E, aggiungerei, sono più intelligenti anche di certi politici.

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Pubblicato il 11 Settembre 2022
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  1. Avatar
    Scritto da commenti22

    trovo che questo articolo tradisce una mancata preparazione sul tema. La citazione di Pagot, nella sua irrilevanza, dimostra non avere conoscenza teorica dalla quale attingere da articolare per comporre l’articolo. Senza una chiarezza su cosa sia il genderismo (qui riferito come “cosidetto gender”) e la psicologia infantile mancano le nozioni ontologiche per un raffronto. Il cartone animato giapponese dove schiacciando il bottone cambia da femmina a maschio o viceversa non ha nulla a che vedere con il contesto di peppa Pig, come non ha nulla a che vedere se si dovesse discutere la poligamia nei cartoni animati o l’incesto

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