Il Raid Roma-Tokyo del 1920. Arturo Ferrarin, uno dei più grandi aviatori italiani è sepolto ad Induno Olona

Mentre Gabriele D’Annunzio era impegnato nell’impresa di Fiume, nel vano tentativo di convincerlo a desistere realizzò la missione che lo ha reso celebre

Generico 13 Feb 2023

Gabriele D’Annunzio era impegnato nell’impresa di Fiume, politicamente molto scomoda per l’Italia. Nel vano tentativo di convincerlo a desistere, venne allora attuata una di quelle idee balzane ma efficaci che lo avevano reso celebre: il volo da Roma verso Tokyo. Arturo Ferrarin e Guido Masiero, partiti con l’ardimento dei vent’anni, furono gli unici ad andare fino in fondo.

Ferrarin, nato nel 1895, aveva già combattuto e volato nella Prima Guerra Mondiale quando, non senza fortuna ma certo con una determinazione ferrea, riuscì a partecipare come ‘apripista’ del team Ansaldo all’impresa aviatoria che gli avrebbe dato una gloria perenne. Non solo vinse, dimostrando una destrezza non comune a 25 anni appena compiuti, ma rivelò anche uno sprezzo del pericolo assoluto, perché a quel tempo salire su un aeroplano voleva dire mettere in discussione la propria vita minuto dopo minuto. Il raid, lungo quasi 18mila km complessivi, attraversò moltissimi paesi e luoghi ancora oggi inospitali: dall’Albania, all’Iran, l’India, Pakistan, Vietnam, Cina ed altri.

Generico 13 Feb 2023

In assenza di D’annunzio, che decise di rimanere a Fiume, il raid non perse il proprio tratto poetico, ma divenne soprattutto una competizione tra case costruttrici di aeroplani, che erano interessate ai mercati dell’estremo oriente. La partenza avvenne scaglionata, perché il viaggio era talmente lungo e difficile che probabilmente in molti si erano già messi l’anima in pace di non poter arrivare a destinazione. La Caproni di Somma Lombardo partecipò con quattro equipaggi, due su biplano Ca.3, uno su triplano Ca.4 ed uno su biplano Ca.5. I Caproni erano dei gioielli di ingegneria, ma erano molto ingombranti e probabilmente inadatti ad un viaggio attraverso destinazioni così disagiate.
La Ansaldo di Genova invece, che all’epoca era la più grande delle industrie italiane, partecipò con due team di S.V.A. 9, un biplano molto versatile e costruttivamente semplice, facile da riparare, che si rivelò vincente. Non vinse però il team principale, costituito da cinque equipaggi, bensì quello degli outsiders costituito dai due SVA partiti in anticipo il 14 febbraio con a bordo Ferrarin, Guido Masiero ed i rispettivi meccanici. Il compito originario di Ferrarin e Masiero avrebbe dovuto essere quello di agevolare il team principale, anticipandolo per acquisire esperienza di volo in zone sconosciute. Lo svantaggio del partire prima si rivelò invece decisivo, perché Ferrarin riuscì a fare l’unica cosa che si sarebbe rivelata indispensabile: cambiò il suo aereo logoro a Calcutta; e vinse.

Gli anni ruggenti di Ferrarin sono stati proprio gli anni Venti, quando partecipò più volte alla Coppa Schneider come pilota di velivoli della Macchi di Varese. L’apoteosi si ebbe nel 1928, quando in preparazione alla trasvolata atlantica senza scalo da Roma verso il Brasile, portata a termine il 5 luglio, la coppia costituita da Ferrarin e Carlo Del Prete si aggiudicò anche il Primato Mondiale di Durata in circuito, volando per quasi 7700 km senza scalo su un Savoia Marchetti S64 costruito a Sesto Calende.
Ferrarin cadde in disgrazia nel 1935, perché coinvolto come pilota nella morte di Edoardo Agnelli, il figlio del fondatore della Fiat e padre del più noto Gianni Agnelli (1921-2003) che condusse il grande gruppo torinese nella seconda metà del XX secolo. Ferrarin ebbe tuttavia l’onore di morire in volo nel 1941 e riposa ancora oggi a fianco della moglie Adelaide Castiglioni in una cappella ben visibile del cimitero di Induno Olona, cittadina dove la famiglia della consorte possedeva una villa.

 

Dal documento pubblicato da Aerospace Resource Central (ARC) di AIAA nell’ambito del Forum SciTech, 23-27 gennaio 2023 – National Harbor – Washington D.C. (USA)

di
Pubblicato il 14 Febbraio 2023
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