Una firma al fotofinish garantirà l’avvio di nidi e materne
Il personale addetto ai servizi passa dal Comune alla Coop 7laghi a cui sono state affidate le attività extradidattiche
Con il magone, con tanta rabbia, ma alla fine la lunga trattativa ha avuto la firma delle lavoratrici. Una ormai triste “ordinaria” storia di deregulation del mercato del lavoro. Da un giorno all’altro cinquanta lavoratrici, tra stagionali e a tempo determinato, ma alcune con anzianità di dieci anni, hanno saputo che il loro posto di lavoro non era più garantito dal Comune, ma da una cooperativa. Il loro era un ruolo delicato, in cui serve un certo livello di professionalità perché si lavora a stretto contatto con i bambini degli asili nido e delle scuole materne.
La storia è emblematica e deve far riflettere molto sui meccanismi della politica e dell’amministrazione pubblica. Con la finanziaria del 2003 il Comune di Varese, per non aver rispettato i patti di stabilità legati ad alcuni risultati contabili di bilancio, è incappato in una norma che esige il taglio del 10% dei lavoratori a tempo determinato. Presto fatto, la scelta è ricaduta sulle lavoratrici che fornivano servizi a nidi, materne ed elementari. Il Comune, senza alcuna comunicazione ufficiale alle lavoratrici, ha indetto un bando di gara per appaltare e così esternalizzare tutto il servizio. Gara che scadeva il 12 agosto, per oltre 3 miliardi e ottocento milioni di vecchie lire, e che è andata deserta.
In accordo con l’Rsu si trovò una soluzione che avrebbe affidato ad Aspem spa il compito di gestire il servizio. Sabato 23 invece si è presentata in Comune la cooperativa 7laghi dichiarandosi disponibile ad effettuare il servizio. Pronto fatto le è stato affidato una parte di quello che prevedeva la gara del 12 agosto. La cooperativa ha poi convocato telefonicamente le lavoratrici per firmare il nuovo contratto il 27 agosto. A questo punto è subito intervenuto il sindacato per verificare le condizioni prospettate alle lavoratrici. Una trattativa difficile e anche con momenti di tensione nei locali sottostanti l’assessorato ai servizi educativi. La dirigente della cooperativa, Augusta Lena, ha più volte ribadito la necessità di un positivo apporto delle lavoratrici. «Voi aiutatemi a non prendere penali e io vi verrò incontro come posso». Un leit motiv ribadito a più riprese, ma che ha avuto un epilogo finale diverso, in quanto alle lavoratrici sono stati garantiti alcuni diritti, sia di natura economica attraverso la determinazione di un superminimo, sia sulla durata del contatto. Questo per le 15 stagionali sarà di dodici mesi in modo da costringere un eventuale subentrante all’appalto a mantenere un rapporto con loro. Poche garanzie invece per le altre 35 che lavoravano a tempo determinato. Per loro si parla di contratto per soli quattro mesi.
«Dopo dieci anni di lavoro non ci aspettavamo un tale trattamento dal Comune, – parla una lavoratrice che chiede che non vengano citate le generalità, – abbiamo anche paura di ritorsioni. Pensi che in che clima viviamo. Non ci ha avvisati nessuno e questo non è un modo degno di amministrare. Taglino gli stipendi ai dirigenti incapaci o agli assessori e se mandano via noi è segno che nemmeno loro sono degni di stare al proprio posto».
«Con la morte nel cuore – afferma un’altra lavoratrice – ma dobbiamo firmare. Io sono sola con due figli e da due mesi non prendo una lira come faccio a tirare avanti? È un ricatto e non solo economico. Senza il nostro lavoro almeno tre nidi e alcune materne resterebbero interamente senza personale. Come farebbero ad aprire lunedì prossimo?»
Questa firma rimette tutto a posto. Almeno in teoria. Vedremo nei prossimi giorni quale sarà la reale evoluzione.
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