La crisi? Una manna dal cielo

E' questo il sorpredente punto di partenza della tavola rotonda che ha visto confrontarsi – stimolati da un frizzante Mario Giordano - uno stuolo di deputati (capitanati da Giancarlo Giorgetti e Pierpaolo Baretta), il prorettore della Bocconi e rappresentanti di imprenditori e professioni

Ma cos’è questa crisi? A cercare di capire di che si tratta, e cosa significa affrontarla per davvero ci si sono messi in dodici, alle Ville Ponti di Varese, nella tavola rotonda che ha chiuso la parte pubblica del 47esimo congresso nazionale del sindacato dei giovani commercialisti. E tra loro, stimolati più che moderati da un frizzante Mario Giordano, c’erano anche il presidente della commissione bilancio Giancarlo Giorgetti, il prorettore della Bocconi Guido Corbetta e il presidente di Sistema Moda Italia Michele Tronconi.

La vera provocazione, però, l’ha lanciata Luigi Carunchio, presidente nazionale dei giovani commercialisti e perciò entusiasta “padrone di casa”: «La crisi? Non è un problema, anzi forse è una manna dal cielo. La mia forse è un’affermazione un po’ forte, ma indubbiamente la crisi per noi giovani commercialisti non è un fatto negativo, quanto piuttosto un momento per ripartire».

«Non è vero: la crisi non è una manna dal cielo – Ha risposto Giancarlo Giorgetti, presidente della commissione bilancio – I problemi sono gravi e seri, e la politica fa fatica a dare delle risposte ad una situazione che è globale e ha tante cause. Questa è però, certamente, un’occasione di cambiamento, che va risolta con una sfida, non solo globale ma anche di casa nostra».

Facile a dirsi: ma come fare? E’ il moderatore a mettere malizia nella domanda, chiedendo al rappresentante della Lega Nord se per difendersi dalla crisi sia meglio chiudersi in sé stessi e proteggersi o aprirsi ancora di più al mondo.«E’ inutile fare della retorica e dire che bisogna aprirsi al mercato, globalizzarsi e poi fare il contrario – ha risposto Giorgetti – la verità è che ci sono paesi che si possono permettere politiche protezionistiche e altri no. La competizione si può fare se le regole sono uguali per tutti: se non sono uguali, la protezione non è solo lecita, è doverosa».

Una posizione stigmatizzata pochi secondi dopo dalla collega di maggioranza Catia Polidori, deputato Pdl: «per uscire ci vogliono nuove regole per un ordine economico che sia al passo con il capitalismo e con la globalizzazione. Il protezionismo è pericoloso, anche per la violenza che si porta con sè»

La questione è stata alla fine “rimessa a posto” da Guido Corbetta, Prorettore dell’Università Bocconi: «Il protezionismo non ha molto senso nel nostro paese: basti pensare al fatto che le aziende italiane esportano molto. Ma l’economia globalizzata non è certo una manna a prescindere dalle regole». Anche se ha a volte degli effetti quasi comici: «Chi l’avrebbe mai detto che il presidente degli Stati Uniti avrebbe ringraziato la Fiat per avere salvato la Chrysler? – ha sottolineato Mario Giordano – Sembra uno scherzo, e invece è realtà».
E allora? «la situazione è difficile ma bisogna prenderla di petto, perchè non c’è un secondo tempo in questa partita» ammonisce il deputato PD Pierpaolo Baretta.
Ricordandosi però che «Per poter ripartire quando il tunnel è finito è necessario salvaguardare le professionalità – ricorda il presidente dei Giovani Imprenditori Univa Alberto Parma – Non bisogna pensare di salvaguardare solo i posti di lavoro, ma anche la professionalità delle aziende e le aziende stesse». Perchè «la qualità è ciò che tutto il mondo ci riconosce, una reputazione che abbiamo già e che dobbiamo solo mantenere – spiega Michele Tronconi, presidente di Sistema Moda Italia – ma non possiamo pretendere di essere dei competitor globali se abbiamo il costo più alto di tutti»

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Pubblicato il 03 Aprile 2009
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