Mafia: se Lonate e Legnano piangono, Busto non ride
Dopo l'operazione Bad Boys il PD chiede un'audizione delle forze dell'ordine. Dalla 'ndrangheta alla mafia: da Busto avrebbero dovuto partire anche le armi per far fuori il sindaco-coraggio di Gela, Crocetta
In fatto di mafie se Lonate Pozzolo e Legnano non ridono, con la connection ‘ndranghetista svelata dall’operazione Bad Boys della DDA milanese, anche Busto Arsizio non ride. È dalla città delle due B che avrebbero infatti dovuto partire le armi (armi pesanti, sembra, non quattro pistole) per liquidare lo "scomodo" sindaco di Gela, quel Rosario Crocetta che sta combattendo da anni una forte battaglia antimafia, estromettendo dall’amministrazione e dagli appalti le persone in odore di legami sospetti. Mentre il sindaco Crocetta a Gela, così lontana eppure così vicina, continua una battaglia di libertà, a Busto Arsizio ci si interroga. Si è mosso in questi giorni anche il Partito Democratico, prima ancora che giungesse notizia del piano ai danni del sindaco gelese, con una mozione al consiglio comunale in cui chiede un’audizione delle forze dell’ordine in sede di commissione, per approfondire le tematiche con Polizia e Carabinieri. E se possibile, viene da aggiungere, avviare attività di contrasto e consapevolezza che vadano al di là del pur indispensabile e lodevole lavoro investigativo. Tanto più che ricorda il PD, già nel 2006 il comandate provinciale dei Carabinieri Criscuolo indicava nella zona di Busto Arsizio, ben più che in quella di Varese, il punto focale delle mafie da esportazione.
Tornando allo sventato agguato sull’asse Busto-Gela, a volere la testa del battagliero primo cittadino gelese, e non da ieri, erano gli Emmanuello, potente clan locale già coinvolto in posizione preminente nell’indagine "Tagli pregiati", partita sempre da Caltanissetta e che ora in fase di appello dopo che in primo grado si erano avute alcune condanne e un gran numero di assoluzioni. E non poteva che coinvolgere "Gela bis", ossia Busto Arsizio, che ha visto arrivare nei decenni il meglio e il peggio della città siciliana, il filo dei reati che si pianificavano nelle alte sfere. Da qui l’azione tempestiva della Procura della Repubblica di Caltanissetta, con il procuratore Lari e i sostituti Gozzo e Marino, e della Squadra Mobile per prevenire l’agguato, e gli arresti di Maurizio La Rosa e Maurizio Trubia. Il primo, reggente del clan, sarebbe stato tra i pianificatori del tentativo di assassinio nei confronti del sindaco gelese, il quale intervistato ieri dai telegiornali ha avuto parole di grande dignità. Il progetto omicida, scoperto anche grazie alla collaborazione di un nuovo pentito, è un segnale delle difficoltà in cui si dibatte una malavita organizzata che ormai incontra resistenze anche fra quegli imprenditori non più disposti a subirne passivamente le esazioni. Fra le accuse, anche quella di aver preteso una sostanziosa tangente da una ditta gelese impegnata in lavori all’acquedotto di Milano, a riprova della vastità degli interessi del clan, ramificato ovunque vi siano concittadini da inseguire, cooptare, corrompere, minacciare, ricattare. O uccidere.
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