Il futuro nelle nostre mani
Quattro chiacchere con alcuni invitati speciali all'assemblea dell'Unione Industriali: associati rappresentativi del futuro su cui contare, almeno dal punto di vista anagrafico
Sono giovani, hanno preso le redini delle aziende di famiglia o deciso di imbarcarsi in attività innovative, hanno ambizione di crescita. Sono queste le voci della speranza nel futuro, quelle che possono per davvero, e credibilmente, essere simboli di quel “ripartire” che è stata la parola d’ordine dell’assemblea Univa a MalpensaFiere. Per questo abbiamo provato a fare quattro chiacchere con alcuni "invitati speciali" all’assemblea dell’Unione Industriali, rappresentativi innanzitutto dal punto di vista anagrafico.
«Io appartengo a un settore, il tessile, che è entrato in crisi prima di altri, 8 anni fa – spiega Raffaella Viola, della tintoria Viola – così abbiamo avuto la possibilità di ristrutturarci nel tempo in maniera più graduale che in altri settori, che hanno invace avuto un contraccolpo immediato a partire dalla fine del 2008: abbiamo perciò già gli strumenti per difenderci, anche se la crisi ovviamente esiste anche per noi. Noi però dobbiamo ripensarci al di là della crisi. Perchè il nostro tessuto industriale è forte, il sistema riuscirà a superarla, ma il problema è dopo: ci aspetta un mondo completamente diverso, everso cui noi dobbiamo arrivare molto preparati. Però ci mancano i capitali e ci manca un paese: e su questo dobbiamo tutti lavorare»
«Il nostro è un settore giudicato ultimamente maturo e quindi incapace di potersi rinnovare – spiega Angelo Saporiti, giovane patron del maglificio Samaf – Noi come azienda abbiamo fatto la scelta di specializzarsi in una nicchia di mercato (abbigliamento grandi taglie, ndr), così abbiamo anticipato la soluzione dei problemi sui quantitativi di lavoro. Il problema grosso però, ora, è a livello finanziario: noi cerchiamo di pagare i fornitori in tempi ragionevoli, i nostri clienti lo fanno un po’ meno, la banca dovrebbe fare da cuscinetto e spesso francamente non lo fa. Stiamo tra l’incudine e il martello, e cerchiamo di fare quello che si può, nella speranza che si risolva velocemente questa situazione»
«Noi cominciamo a vedere la crisi ora – spiega invece Stefano Zoia di Tinext, azienda di sviluppo web e gestione documentale – il terziario, del resto, la vede per ultima. La produzione se ne accorge sicuramente prima. Se devo dire la mia su quello che ho ascoltato, dico che la parola che mi ha colpito più favorevolmente in questa assemblea è “fiducia”: credo che dobbiamo investire in fiducia, e investire in generale in termini di tecnologia e riflessione su di sè».
Vista dal terzario infatti, la crisi ha tutto un altro aspetto: «La nostra è una azienda di servizi, e la salute dei servizi dipende
necessariamente dalla salute del manifatturiero – spiega GiovanPaolo Lucifero, che guida l’agenzia Ina Assitalia di Varese – Però noi grossi problemi non li abbiamo riscontrati, forse perche i nostri sono servizi primari per una azienda: Più che altro, slittamenti di pagamenti, ma ancora non in maniera è evidente né traumatica. Di ciò che ho ascoltato, in compenso, poco mi ha colpito: quello che ho sentito era già materiale ampiamente conosciuto. Mi sarei aspettato invece qualche tirata di orecchi in più a qualcuno, come i finanzieri o le banche. Qualcosa di è detto, ma solo degli accenni»
«Per noi senz’altro il clima è difficile – sottolinea Rinaldo Corti, Amministratore Delegato dell’azienda di Hi Tecnology per le aziende Elmec – la recessione sulle vendite si è sentita ma sull’erogazione dei servizi, pur avendo diverse aziende in difficoltà, notiamo che cercano comunque di ottimizzare i servizi che permettano di mantenere livelli buoni in caso di crescita. Così, la vendita del servizio permette in questo periodo di mantenere la struttura e l’organizzazione anche della nostra azienda, per essere pronti e propositivi sul mercato quando tutto finirà»
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