C’è stato un tempo che gli stranieri eravamo noi
La quinta edizione della 24 ore di lettura di Malnateha avuto anche quest’anno un bel risultato di partecipazione. Sul palco di Villa Braghenti si sono alternati almeno 70 lettori che hanno letto fiabe e poesie dal mondo in 40 lingue e dialetti diversi: dall’arabo al coreano, dal calabrese al Varesotto
La quinta edizione della 24 ore di lettura di Malnate, organizzata dal Comune, Coop Lombardia, associazione Music House e Uisp, ha avuto anche quest’anno un bel risultato di partecipazione. Sul palco di Villa Braghenti nei giorni di sabato 11 e domenica 12 luglio si sono alternati almeno 70 lettori che hanno letto fiabe e poesie dal mondo in 40 lingue e dialetti diversi: dall’arabo al coreano, dal calabrese al bosino. Una bella iniziativa che fa riflettere sull’importanza della condivisione delle parole come strumento di integrazione. Messaggio ribadito anche durante la presentazione del libro “Popoli e culture” (Veliero Blu), un progetto delle Acli , della Caritas e della Pastorale dei migranti di Varese, sostenuto da Coop Lombardia, in cui sono stati raccolti gli elaborati più significativi del concorso internazionale di poesia e narrativa dedicato al tema della migrazione.
Filippo Cardaci , rappresentante delle Acli di Varese, ha sottolineato l’importanza formativa del progetto che ha coinvolto i bambini della scuole elementari. Thierry Dieng, del movimento Ubuntu, ha invece invitato a coltivare un terreno di accoglienza, partendo dall’educazione dei bambini. Mentre Alfredo De Bellis, di Coop Lombardia, ha ricordato come l’apertura e l’accoglienza senza discriminazioni siano nel dna costitutivo del movimento cooperativistico.
I migranti hanno un terreno comune di sofferenza e di speranza e non importa se il loro messaggio arriva dalle montagne della Corea del Nord o dall’altipiano della Sila calabrese. Ciò che importa è che qualcuno a valle sia pronto ad ascoltare.
LETTERA DI UN EMIGRANTE
Di seguito riportiamo la "Lettera di un emigrante" letta in calabrese durante la 24 ore da Rocco Cordì di Sinistra e Libertà (foto sopra)
LETTERA DI UN EMIGRANTE
Cara moglie, ora ti scrivo, / da questa città ricca e triste,
dove mi ha sbattuto la sfortuna, / e mi sento tramortito.
Lavoro come schiavo e come tale / mi osservano e mi trattano queste genti;
quasi come fossi discendente / non dall’uomo ma da un animale.
Ed io, abituato a stare tra gli amici, / a raccontarci le pene e le speranze,
a confortarci nelle sofferenze, / soffro, moglie mia, in modo indicibile.
Spesso mi prende la voglia / di saltare sul primo treno per tornarmene a casa
per abbracciare i figli e baciare te / per ritrovarmi tra gli amici e per sentire
il belato della pecora e la vicina / che rincorre la gallina o il cane
che gira per casa morto di fame; / o alzare gli occhi e osservare il mare,
gli alberi, le strade, le case del paese, / i buoi col carro pieno di fascine,
la chioccia che difende i suoi pulcini, / gente che piange o si spancia di risate,
che ti guarda, ti parla, ti saluta, / e sa che hai un’anima e un cuore
e non ti considera un pezzo di un motore. / Ma poi mi giro e ti vedo seduta
mentre rattoppi la camicia o i pantaloni, / e pensi al focolare ancora spento
passando un altro giorno ancora amaro / senza neppure un tozzo di pane in cassapanca.
Dimentico allora il treno e con il cuore amaro, / raccolgo i quattro soldi guadagnati,
ti scrivo il vaglia e lo bacio. Te l’ho spedito, / moglie mia, inzuppato di lacrime.
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