La morte dell’operaio di Gorla non è una fatalità
In una nota la Cgil esprime il cordoglio alla famiglia di Gianni Macchi, morto ieri dopo un incidente sul lavoro, ma punta il dito ancora una volta contro il mancato rispetto delle regole sulla sicurezza
In una nota la Cgil di Varese commenta l’ennesima morte sul lavoro verificatasi in provincia in un’azienda meccanica di Gorla Maggiore. Vittima dell’incidente mortale è stato Gianni Macchi, operaio di 53 anni risucchiato da un tornio con il braccio. L’uomo, dopo 24 ore di agonia, è spirato ieri, martedì 21 luglio, all’ospedale di Legnano.
La Cgil di Varese esprime il suo cordoglio alla famiglia di Gianni Macchi, l’operaio deceduto ieri a seguito del gravissimo infortunio occorsogli lunedì 20 luglio. Si è ripetuta una tragedia del lavoro, con le sue vittime (il lavoratore e i familiari) e il suo carico di dolore, a cui non avremmo voluto assistere, ancora una volta.
É stata avviata l’inchiesta della magistratura che dovrà accertare dinamica e responsabilità dell’incidente, ma possiamo affermare con certezza che non si è trattato di fatalità. Un infortunio di tale gravità si verifica solo se non vengono applicate le misure di sicurezza, o quando mancano le procedure di prevenzione, o perché i dispositivi di protezione sono inesistenti o disinseriti. Molte disposizioni di legge sulla sicurezza sul lavoro risalgono agli anni cinquanta del secolo scorso, comprese quelle sulle macchine utensili, come il tornio che ha ucciso Gianni. Eppure si continua a non rispettarle, credendo a torto che ciò permetta di accorciare i tempi di produzione. L’inchiesta farà il suo corso, ma nessuno potrà restituire Gianni alla sua famiglia
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