Senza steccati
Sul tema dell'immigrazione, dopo la lettera aperta alla Lega di don Mandelli, le posizioni di tanti letttori e dei parlamentari Rossi e Reguzzoni
"Se accettiamo chiunque bussa alla porta, non saremo in grado di sostenere né loro, né noi stessi. Accogliendo tutti andremo solo ad aumentare la schiera di chi delinque per necessità. Meglio dura che ipocrita". Daniela non ha dubbi nella sua risposta a don Mandelli. Lei è una leghista convinta. Lavora per un salario modesto, fa adozioni a distanza, tiene aperta la porta di casa sua a quanti hanno bisogno e finanzia Emergency. Non ci sta a veder criminalizzato il proprio partito per alcune scelte sull’immigrazione.
In pochi giorni i lettori sono intervenuti con oltre duecento commenti dopo un editoriale del giornale e una lettara aperta al popolo leghista scritta da don Ernesto Mandelli.
Non si tratta di mettere sotto accusa la Lega nord. Sarebbe troppo semplice pensare che i mali di un Paese, un clima putrido e al limite della xenofobia siano il solo risultato dell’azione di un partito.
La politica ha un compito alto nella società, ma non è astratta dal tessuto in cui vive. Tutti noi vediamo l’impoverimento etico rispetto al senso delle istituzioni e di questo dovrà rispondere chi sta governando. Ma il clima di ostilità, quando non di aperta avversione, non ha solo una paternità e ogni componente della vita civile e sociale deve fare la propria parte per aprire delle riflessioni e far crescere la coscienza del Paese.
Così come è chiaro che, anche una volta ristabilito (e non sarà certamente facile nel breve periodo) un clima sereno, i problemi restano intatti e complessi. Ma finché non si ragiona con calma e senza alimentare paure e guardando in faccia la realtà, prevarranno solo comportamenti pericolosi.
Su un tema delicato che riguarda la vita di milioni di esseri umani non ci si può comportare da tifosi. Gli slogan vanno bene alle manifestazioni o allo stadio. "Padroni a casa nostra" è una semplificazione che fa vibrare le pancie delle persone, ma non significa nulla.
Ognuno deve fare la propria parte cercando di superare steccati di pensiero senza darsi patenti e anche premi per la propria posizione. La rigidità porta solo a semplificazioni inutili e non alla vera ricerca della soluzione. L’ascolto, lo studio, il confronto dovrebbero essere le anticamere delle scelte.
E anche per queste ragioni sconcerta quanto siamo costretti a vedere in questi giorni con situazioni davvero imbarazzanti. I social network diventano il luogo dell’espressività peggiore svilendo così anche il proprio ruolo di piazza virtuale. Il gioco prima di "rimbalza il clandestino" e il gruppo aperto "leggittimo torurare il clandestino" a cui si sono iscritti anche esponenti di spicco del Carroccio non aiutano certamente a smorzare le polemiche.
Bossi corre a correggere il tiro dichiarando a Repubblica che "chi fa queste cazzate è un cretino che non ha e non avrà mai spazio nella Lega. E con il gioco "rimbalza il clandestino" mio figlio Renzo non c’entra niente".
Ci auguriamo che quanto affermato dal Senatur abbia seguito. Non tanto per cacciare qualcuno, perché anche questo produce solo inutili e pericolosi isolamenti, quanto per far comprendere ai "suoi" giovani che l’odio è sentimento terribile e sterile. Ci auguriamo che si possano aprire spazi di riflessione confronto vero.
E a questo proposito pubblichiamo con piacere due interventi dei parlamentari Marco Reguzzoni della Lega e di Paolo Rossi del Pd.
Quest’ultimo scrive che incapaci di dare risposte "rimane la scorciatoia della sola repressione, del rifiuto, ma anche l’irrazionalità provocata da un odio che acceca e che niente risolve. E’ la via della "chiusura a riccio", della presunta civiltà che respinge la presunta inciviltà, della barbarie, dell’intolleranza che sparge solo dolore, quella via che l’uomo, in un passato non così remoto, ha già negativamente percorso, con risultati agghiaccianti, ma che sembra aver colpevolmente dimenticato".
Reguzzoni, da parte sua, dopo aver posto una serie di domande scrive che "chi governa ha il dovere di prendere atto della realtà: una società giusta è una società che aiuta chi può essere aiutato, e lascia il cittadino libero di operare la solidarietà che si sente in coscienza. Non certamente una società che impone ai più deboli di farsi carico dei propri principi, anche se “sacrosanti”".
Il giornale, come corpo vivo della società, farà la sua parte in questo, come altri argomenti e ringraziamo tutti i lettori per i loro contributi preziosi.
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