legge sul Made In, Confapi protesta
In un comunicato ufficale, la presidente di Uniontessile Maria Cristina Mazzanti e il presidente di Confapi Franco Colombo insorgono: «E' una presa in giro»
Uniontessile Varese esprime le proprie perplessità in merito, al dispositivo dell’art. 17, l. 99/2009 noto come Made In, che permette la sua non applicabilità anche alle produzioni a marchio italiane realizzate in altri Stati comunitari.
La disposizione potrebbe provocare una vera e propria discriminazione delle produzioni nazionali rispetto ad altre produzioni comunitarie. Le aziende stabilite negli altri Stati membri che hanno delocalizzato e fabbricano i propri prodotti in Paesi terzi, infatti, non sono soggette attualmente ad alcun obbligo di indicazione del luogo di fabbricazione o produzione delle merci nel momento in cui le rivendono nei rispettivi territori. Qualora intendano importarle in Italia, esse continueranno a non essere soggette a tale obbligo. Quindi, l’azienda comunitaria ( ad esempio francese) che utilizza per vendere le proprie merci in Italia, un marchio con semplice assonanza italiana, non sarà soggetta ad alcun obbligo di specificazione del luogo di fabbricazione/produzione delle stesse, trattandosi non di marchio "di azienda italiana", ma di azienda estera.
Maria Cristina Mazzanti, Presidente Uniontessile Varese, ha dichiarato: «Ritengo che la legge sull’etichettatura "made in Italy" sia una presa in giro ai danni dei tessili che ancora resistono producendo il vero made in Italy. Nel decreto legge sono previsti termini quali"prevalentemente" "per la maggior parte" prodotto in Italia. Questo suona come una campana a morto per le aziende tessili virtuose e riteniamo tutto ciò inaccettabile. La tutela del made in Italy ci sarà solo quando verrà riconosciuto il Made in Italy certificato di filiera. Fino ad oggi si è abusato dell’etichettatura Made in Italy e questa legge, che sembra a favore dei tessili, in realtà non è altro che un palliativo per placare le proteste. Nelle maglie dei termini ambigui ,come quelli sopraccitati, non si fermerà certo l’uso indiscriminato e menzoniero di una etichetta che dovrebbe essere testimone di qualità, di trasparenza, di tutela dei consumatori, dei lavoratori e dell’ambiente».
Franco Colombo, Vice Presidente Confapi e Presidente Confapi Varese, ha dichiarato:«Per rilanciare le produzioni tessili dei nostri territori è necessario poter fornire ai consumatori delle indicazioni chiare e veritiere circa la provenienza dei prodotti commercializzati. Finché non sarà riconosciuto, chi può veramente fregiarsi del marchio made in Italy, le nostre aziende saranno sempre penalizzate perché sono le sole che garantiscono la veridicità della produzione nazionale. Per questa ragione Confapi non smetterà di far sentire le proprie rimostranze verso questa legislazione che favorisce comportamenti equivoci e da informazioni distorte ai consumatori».
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