Piove sul carnevale della Famiglia Sinaghina
Il capannone di piazza Leone XIII, a due passi dall'elegante villa padronale che ospita il giudice di pace, ha il tetto infiltrato ed è in stato di grave degrado
Carnevale bustocco a rischio, i laboratori in cui la Famiglia Sinaghina fa la… messa a punto dei carri carnevaleschi fa acqua, letteralmente, da tutte le parti. Lo denunciava nei giorni scorsi con toni accorati lo storico "patron" Giovanni Sacconago, che dall’alto della sua età ormai avanzata guarda con tristezza al pericolo di non poter più svolgere uan manifestazione tanto amata e vivace, che da ben 35 anni porta allegria soprattutto ai più piccoli, "sfottendo" bonariamente con i carri allegorici la politica locale e non e i temi del momento.
Per farci un’idea dello stato del capannone di piazza Leone XIII (a due passi dal Giudice di Pace insediato nell’adiacente Villa Gagliardi), ci siamo recati lì per un resoconto fotografico che, sfortunatamente, non abbisogna di molti commenti. Non c’è solo il degrado, diciamo così, naturale, di una struttura che risale ai tempi della Grande Guerra, quando sorse come cotonificio, e che già da molti decenni è in disuso. Ora è proprio la copertura del tetto a non tenere: l’acqua si infiltra, il legno s’imbarca, rompe le solette, l’acqua gocciola. Non è il massimo, specie quando fra freddo; e meno che mai se si deve lavorare con strumenti alimentati da corrente elettrica. La situazione, insomma, si è fatta ai limiti del possibile. «È più di una nno che da Palazzo Gilardoni arriva solo silenzio, e si badi: non chiedevamo soldi al Comune» diceva un amareggiato Sacconago.
Ad accoglierci sul posto è il "numero due" della Famiglia Sinaghina Antonio Giugnoli. Racconta di lavori mal eseguiti, anzi eseguiti solo in minima parte, per la posa di una guaina impermeabilizzante sul tetto della vecchia fabbrica, o meglio di quella parte di essa che è (era?) adibita a laboratorio. Con esiti del tutto insoddisfacenti. Il plic-plic dell’acqua che cade nei bidoni (strapieni) messi a raccoglierla ne è il risultato. Intorno i carri e i pupazzi dell’anno scorso che forse nemmeno si riuscirà a rielaborare per quest’anno. Qualche alternativa era stata anche proposta, ma fuori da Sacconago. Una ditta nei pressi del Pime, «ma è in un degrado ancora peggio che qui, con l’erba così alta che non vedi neanche l’ingresso» dice Giugnoli; e un’altra a Borsano, ancora ben tenuta ma dove si dovrebbe pagare un affitto consistente. Dal Comune l’invito è stato: "tenete duro ancora un anno e vi tiriamo fuori", ma le parole ormai stanno a zero. Forse l’uovo di Colombo è a pochi passi, dietro il muro: il capannnone già ai tempi utilizzato dalla Valsecchi, ancora in stato discreto, se paragonato a quello in cui dovrebbero (dovrebbero) lavorare i volontari addetti all’allestimento carri. «Se ci facessero aprire un portone per i carri che dà sulla strada, avremmo risolto». Intanto si cercano sponsor per tenere viva questa tradizione così recente (Tarlisu e Bumbasina sono maschere in realtà… giovanissime) ma dal sapore antico.
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