Il giudice: “Si dimostrò crudele con i familiari”
Nelle parole del gip si cita una "inquietante personalità" di Piccolomo e cita episodi del passato
L’ordinanza di custodia cautelare che colpisce Giuseppe Piccolomo, l’uomo accusato dell’omicidio di Carla Molinari, è molto severa nei suoi confronti. Il giudice lo descrive come un uomo con una «inquietante personalità». Dalle testimonianze raccolte emergerebbe poi una «crudeltà più volte dimostrata» da Piccolomo nei confronti dei congiunti. E in particolare di quelle due figlie avute dalla prima moglie, morta carbonizzata in un incidente d’auto in cui l’uomo invece si salvò. Una crudeltà che il giudice sottolinea e che localizza anche in tempo remoti, quando le ragazze erano giovani.Le figlie lo ritengono responsabile non solo dell’omicidio di Carla Molinari ma anche di quello della loro madre, Marisa Maldera. Per le due donne quello non fu un incidente. L’avvocato che lo difese nel procedimento per la morte della prima moglie e che si concluse con un patteggiamento per omicidio colposo tuttavia lo difende.
Un altro particolare è emerso dall’ordinanza. A un testimone «Pippo» aveva detto così: «I carabinieri prenderanno il primo che passa: lo metteranno dentro e potrà solo chiedere la clemenza della Corte». I gravi indizi rimangono, comunque, i graffi, i mozziconi e la presenza in auto a Cocquio nell’ora del delitto, I graffi sulla fronte, in particolare, sono stati provocati, come scrive il gip, dal «disperato tentativo» della vittima di sottrarsi alla furia dell’assassino. Piccolomo, anche in questo caso, ha commesso errori: a un messo comunale da cui era andato per ricevere alcune notifiche, raccontò che se li era procurati mentre cercava funghi ed era caduto nei rovi. Poi, agli agenti della Squadra Mobile, il 25 novembre, raccontò di essere andato, in compagnia di un architetto, a visionare un terreno e di essere caduto. Versione smentita, però, dallo stesso architetto e dal suo assistente.
Un altro particolare è emerso dall’ordinanza. A un testimone «Pippo» aveva detto così: «I carabinieri prenderanno il primo che passa: lo metteranno dentro e potrà solo chiedere la clemenza della Corte». I gravi indizi rimangono, comunque, i graffi, i mozziconi e la presenza in auto a Cocquio nell’ora del delitto, I graffi sulla fronte, in particolare, sono stati provocati, come scrive il gip, dal «disperato tentativo» della vittima di sottrarsi alla furia dell’assassino. Piccolomo, anche in questo caso, ha commesso errori: a un messo comunale da cui era andato per ricevere alcune notifiche, raccontò che se li era procurati mentre cercava funghi ed era caduto nei rovi. Poi, agli agenti della Squadra Mobile, il 25 novembre, raccontò di essere andato, in compagnia di un architetto, a visionare un terreno e di essere caduto. Versione smentita, però, dallo stesso architetto e dal suo assistente.
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