Omicidio De Presbiteris, c’è una pista
Gli inquirenti appuntano i loro sospetti su uno straniero e su questioni di debiti legate allo spaccio
È forse vicina ad una svolta l’indagine sull’assassinio di Massimo de Presbiteris, il gallaratese di origini calabresi ucciso lo scorso 2 ottobre sotto casa sua nel rione di Caiello. L’attenizione degli inquirenti si appunta ora su di un sospetto, un albanese attivo tra Busto Arsizio e Gallarate. Dietro al delitto vi sarebbero questioni di debiti nell’ambito del mondo dello spaccio: la vittima aveva precedenti penali specifici risalenti a vari anni or sono. L’indagine, cordinata dalla Procura della Repubblica di Busto Arsizio ha visto affiancarsi al commissariato di polizia di Gallarate il nucleo investigativo del reparto operativo provinciale dei carabinieri.
Il delitto di Caiello era avvenuto con modalità che inizialmente avevano fatto pensare ad una vera e propria esecuzione in stile malavitoso, poi con le testimonianze si era chiarito come fosse avvenuto al culmine di una lite violenta con l’omicida. Questi, giunto in modo, aveva infine estratto l’arma e colpito il De Presbiteris alle gambe e all’addome (altro dettaglio che fa pensare ad un delitto d’impeto più che all’esecuzione a freddo) prima di allontanarsi a fatica, spingendo la due ruote che non ne voleva sapere di ripartire. La vittima non era morta subito, aveva fatto a tempo a parlare con i primi soccorritori prima di perire, stroncata dallo shock emorragico. Per il 33enne De Presbiteris, che ha lasciato la moglie e due figli, una volta espletate le formalità usuali dell’indagine e l’autopsia, si era tenuto un rito fubnebre durante il quale il parroco don Giorgio aveva invitato chi sapeva a non tenere la bocca chiusa di fronte a fatti di questa gravità. Grande lo sgomento nel quartiere e fra i vicini, che udendo gli spari inizialmente avevano pensato ad una rapina.
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