Piazza Fontana, il nostro caso Kennedy
Presentato alla libreria Boragno in occasione dell'anniversario dei quarant'anni dalla strage il libro-inchiesta del giornalista Paolo Cucchiarelli
«Piazza Fontana è il nostro caso Kennedy. Gli Stati Uniti hanno fatto i conti con il loro, almeno in chiave di ricostruzione giornalistica. Noi abbiamo fatto finta di nulla, cementandolo nel silenzio». Inizia così il capitolo conclusivo del libro-inchiesta di Paolo Cucchiarelli "Il segreto di Piazza Fontana" (ed. Ponte alle Grazie, 690 pagine, 19,80 euro). Ed è con questa stessa frase che l’autore, giornalista parlmamentare, ha aperto l’incontro che si è svolto oggi, sabato 12 dicembre, alla Libreria Boragno a Busto Arsizio. Una data chiaramente non casuale: quarant’anni fa, era un venerdì, alle 16.37 diciasette persone morivano a causa di un attentato alla Banca nazionale dell’Agricoltura a Milano, in piazza Fontana. Tre giorni dopo ci fu quella che è ormai considerata a tutti gli affetti un’altra vittima della strage, ovvero Pino Pinelli, l’anarchico morto cadendo da una finestra della questura di Milano. «Ho lavorato per anni a questa inchiesta – esordisce l’autore introdotto dal giornalista di Radio Missione Francescana Silvano De Prospo (nella foto, a sinistra accanto all’autore) -. Sono partito da un’intuizione banale: dentro la banca il perito vide una miccia e un timer. Si tratta di due strumenti diversi per far scoppiare una bomba. Quindi in quella sala c’erano due ordigni e non uno solo. Sulle indagini su Piazza Fontana c’è stata una vera e propria opera di depistaggio da parte da parte dello Stato che ha cercato di nascondere alcuni elementi e di farne conoscere solo altri. Ci sono varie ipotesi, ma una è più forte di tutte: l’operazione di piazza Fontana è stata gestita dai servizi segreti che hanno costruito l’attentato in modo da far ricadere la colpa sugli anarchici. L’obiettivo era portare a una forzatura del sistema democratico. Quella strage mirava, se non a un colpo di stato, a qualcosa di molto simile». È a partire da questa tesi che Cucchiarelli lavora per portare alla luce non uno, ma tanti segreti: quello indicibile delle doppie bombe, piazzate dagli anarchici e raddoppiate dai fascisti; quello delle altre due bombe inesplose; quello delle verità che conoscevano gli esponenti della Dc e del Pci, ma anche gli Usa e la Nato. Segreti che si legano inevitabilmente ad altri, come la morte di Pino Pinelli e Luigi Calabresi. «Pinelli aveva intuito che qualcosa non andava – continua l’autore -, che forse c’era qualche infiltrato fra gli anarchici di Milano e che qualcuno stava preparando una trappola ai loro danni. Dopo il duro interrogatorio a cui l’hanno sottoposto, è probabile che una frase o un nome gli abbia fatto scattare qualcosa che gli ha permesso di capire cosa stava succedendo. A quel punto, è possibile che ci sia stata una collutazione e che lui sia caduto dalla finestra. La sua morte nasce in un contesto di scontro fisico, ma non c’era a mio parere la volontà di uccidere. È questa la tesi che da allora sostiene anche la vedova, Licia Pinelli».
Ma il libro di Cucchiarelli, un’inchiesta di oltre cinquecento pagine, tocca tanti temi: il giorno della strage, il ruolo degli anarchici, le storie di Pinelli e Valpreda, la strategia dell’infiltrazione e della provocazione dei servizi segreti, i destini incrociati di Calabresi e Feltrinelli. «Ho analizzato cercando di sfruttare il privilegio del giornalista, cioè quello di poter guardare oltre gli elementi disponibili e di poter quindi aggiungere i pezzi che mancano alla storia. Su piazza Fontana è stata giocata una partita ideologica fortissima. Ma non possiamo capire l’essenza di quella storia se non la valutiamo con la logica dei servizi segreti».
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