Da Boston a Gallarate: il liceo diventa una “High School”

Due studentesse del MIT sono diventate insegnanti al liceo scientifico di viale dei Tigli, trasformando fisica, matematica e scienze in esperienze entusiasmanti

studentesse mit boston a gallarate
In questi giorni il Liceo Scientifico di Gallarate ha due insegnanti davvero particolari: Joan Chen e Ritu Tandon (foto). Nonostante la giovane età, Joan e Ritu sono davvero brillanti nelle loro materie: sono studentesse del MIT (Massachussets Institute of Technology) l’Università americana considerata il tempio della tecnologia e dell’innovazione, e che seleziona solo gli studenti più meritevoli del paese. Le lezioni di queste nuove docenti “in prestito” sono davvero coinvolgenti: si fa lezione quasi sempre in laboratorio e, anche se spiegano le materie in inglese, sembra che matematica, fisica e scienze siano diventate materie molto più “digeribili”. Spiegare la forza d’attrito è meno noioso se si porta una palla e una pedana di legno, decisamente più realistiche di un disegno sghembo sulla lavagna. Stessa cosa per la forza elastica: perché non testarla giocando con delle molle, per rendere le formule più reali e facilmente memorizzabili?

Gli studenti del Liceo di Gallarate forse non lo sanno, ma queste 32 classi coinvolte (con una lezione di circa due ore a testa) fanno parte di un grande esperimento. Nel 2007, infatti, il MIT ha finalizzato l’elaborazione di un metodo di insegnamento molto “americano”, chiamato hands on. Il metodo hands on si fonda principalmente sull’esperimento in laboratorio, un approccio che ha registrato un grande successo nelle scuole di Boston. Ora il MIT vuole verificarne l’esportabilità e proprio per questo lo sta testando in selezionatissime scuole della Cina, della Germania, della Francia, del Messico e dell’Italia. In Italia, quest’anno, fanno parte del progetto il Liceo di Gallarate, l’ITC Pacioli di Crema, lo Scientifico San Carlo di Milano e l’ITC Tosi di Busto Arsizio. 

Joan e Ritu hanno quasi finito la loro esperienza di tre settimane in Italia, e si sono fatte un’idea ben precisa sia del nostro metodo di insegnamento sia delle diverse esigenze degli studenti italiani: « La differenza più importante», spiega Ritu, «È che qui ci sono diversi tipi di scuola superiore, quella di profilo scientifico, quella di profilo tecnico e così via… quindi gli studenti seguono più materie contemporaneamente mentre negli Stati Uniti ogni anno seguono meno materie, con maggiore personalizzazione. Quindi qui in Italia le scuole superiori si concentrano maggiormente su una tipologia precisa di carriera scolastica, mentre a Boston c’è maggiore libertà nella formazione dei profili». Un’altra differenza, si diceva, sta nella tipologia di insegnamento, molto più interattiva rispetto alla lezione frontale: «In America le materie scientifiche hanno una componente sperimentale più incisiva», spiega Joan, «Ad esempio le lezioni di chimica si fanno quasi esclusivamente in laboratorio, proponendo esperimenti e attività. Qui invece è più forte l’approccio teorico».

Ovviamente in ogni paese ci sono diverse tradizioni e sistemi di insegnamento, per questo quella delle studentesse del MIT non è una critica, ma solo un’analisi: «Non crediamo che il nostro sistema sia migliore o peggiore», spiegano,  «È solo un sistema differente. Ne parlavamo con gli altri ragazzi poco fa ed erano d’accordo con noi: per certi versi credono che il sistema italiano sia più adatto alle loro esigenze, ad esempio preferiscono poter rimanere insieme nella stessa classe tutti i giorni per cinque anni, potendo così legare di più tra loro. Allo stesso tempo credo sia piacevole avere la libertà di approfondire le materie che più ci interessano e conoscere persone diverse ad ogni corso».

Indubbiamente un approccio sperimentale attira di più l’attenzione di studenti troppo abituati ai tanti stimoli di Internet, sempre a rischio distrazione durante le classiche lezioni frontali. A confermarlo sono Greta e Francesca, due studentesse del secondo anno al Liceo di Gallarate:  «Fare lezione con questo nuovo metodo è stato anche divertente», raccontano, «Abbiamo imparato temi anche complessi come l’osmosi, con esperimenti che hanno attirato la nostra attenzione».

studentesse mit boston a gallarateInsomma, in sole due settimane queste studentesse del MIT sono state una ventata di aria fresca per il Liceo di viale dei Tigli, portando diversi spunti agli insegnanti. A raccoglierli sarà anche la professoressa di fisica Maria Rola, che dopo aver assistito ad alcune lezioni nelle High School di Boston e al MIT, ora ha osservato con attenzione il metodo delle due studentesse americane: «Ovviamente qui al liceo siamo molto orgogliosi del metodo di insegnamento italiano, e crediamo possa portare gli studenti a livelli molto alti», precisa Rola, «Ma ci sono molte cose interessanti che potremmo integrare nel nostro metodo. Mi piacerebbe prendere degli spunti per rendere le attività più laboratoriali, per fortuna non servono grandi laboratori: con un minimo di ingegno si possono preparare esperienze semplici con materiali semplici. Mi piacerebbe anche migliorare il lavoro in gruppo, credo che qui in Italia si sperimentino poco le attività di gruppo, che invece possono coinvolgere di più gli studenti».

Di cose, negli ultimi anni, ne sono cambiate nella scuola italiana. Anche architettonicamente basta fare un giro tra i corridoi del Liceo di Gallarate per farsi un’idea: fuori dalle aule sono apparsi degli armadietti azzurri che fanno molto High School Musical. I laboratori sono sempre più affollati, anche se gli studenti passano ancora la maggior parte delle ore sullo stesso banco, nelle stesse classi. I ragazzi ormai conoscono (e in alcuni casi invidiano) la scuola americana attraverso i film e i telefilm. Alcuni di loro, magari, iniziano a sperare di poter studiare all’estero, non temendo più la barriera linguistica. «Negli Stati Uniti i docenti rimangono fermi nei loro laboratori, che con il tempo personalizzano e rendono sempre più “vivi”», racconta la prof.ssa Rola: questa potrebbe già essere una buona idea. Ovviamente non significa voler fare gli “americani” o rivoluzionare la scuola italiana. Significa solo prendere spunto e idee da una realtà nella quale, bisogna ammetterlo, le discipline scientifiche spaventano meno e attirano molti più studenti. Vedere i ragazzi divertirsi durante una lezione di chimica, per giunta in lingua inglese, sembra fantascienza. In realtà è solo frutto dell’interscambio culturale, un’esperienza che non si inizia mai troppo presto.

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Pubblicato il 26 Gennaio 2010
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