L’arte entra di nuovo in ospedale con tre tele donate dal pittore Marcello Schiavo
L’artista (e volontario con la Cri) accolto stamattina dal direttore generale dell’Ao bustocca. Le opere andranno ai tre presidi ospedalieri dell'azienda (Busto, Saronno, Tradate)
Dopo quella di Carlo Farioli, eminente pittore bustocco che recentemente ha regalato una tela per l’Ostetricia, un’altra donazione d’arte in ospedale. Evidentemente è andato a segno il commento del governatore Formigoni che visitando l’ospedale lamentava la carenza di donazioni ai nosocomi; o forse, semplicemente, era stato troppo pessimista. Stamattina è stata la volta del pittore gallaratese Marcello Schiavo. Tre le opere donate dall’artista che, milanese di nascita, classe 1928, dal 1972 ha partecipato alle più importanti manifestazioni di settore. Da anni membro dell’Associazione Artistica 3/A e dell’Associazione Liberi Artisti della Provincia di Varese, ha conseguito numerosi premi per la sua capacità di interpretazione della natura con la tecnica dell’acquarello di cui è maestro.
La prima tela (50x70cm) è del 2009, si intitola “Alla spiaggia” ed è destinata all’ospedale di Busto, la seconda, “Pomeriggio d’estate” (50x70cm), è stata dipinta nel 2007 e sarà consegnata all’ospedale di Saronno, mentre la terza (50x26cm) è “Sguardo dalla finestra” del 2008, donata all’ospedale di Tradate.
“Sono molto contento di questa donazione – ha sottolineato il direttore generale dell’azienda ospedaliera “Ospedale di Circolo di Busto Arsizio” – anche per la grande stima che nutro nei confronti di Marcello Schiavo sia come artista sia come uomo. Un gesto di generosità che dimostra quanto sia forte il legame con il territorio e con le persone. Le opere – ha concluso – entreranno a far parte del patrimonio artistico dell’azienda ospedaliera”.
Schiavo, che ha al suo attivo 50 “personali”, si è da sempre prodigato in attività di volontariato. E’ stato, tra l’altro, per otto anni presidente della Croce Rossa di Gallarate e ha insegnato la tecnica dell’acquerello nel carcere di S. Vittore a Milano.
“Questa tecnica – ha spiegato l’artista – sembra meno importante di quella a olio, ma essa, in realtà, è anche poesia: chi guarda l’opera può spaziare e aggiungere qualcosa di personale”.
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