Malpensa e il birraio di Preston
Intervento del senatore Paolo Rossi dopo la votazione in Senato sugli aiuti per lo sviluppo infrastrutturale di Malpensa
La questione riguardante Malpensa, scorta da una certa angolazione, mi ha fatto tornare in mente un fortunato libro di Andrea Camilleri intitolato Il birraio di Preston.
Qual è, in particolare, la specificità di questo libro? Giunti all’ultima pagina, ci si rende conto che, mutando l’ordine dei fattori, il prodotto non cambia. Ognuno dei diciotto capitoli di cui è composto esaurisce la storia, pur aggiungendo un particolare in più, cosicché il lettore si trova dinanzi a un romanzo scritto a chiave, che teoricamente si può cominciare non necessariamente dal principio ma da qualsiasi punto.
Voglio dire che, anche a prescindere da proiezioni e tabelle, il dato di fondo è che Malpensa – pur nell’accidentato cammino che lo ha visto protagonista rispetto alla vicenda della Compagnia di bandiera – rimane e deve rimanere come una grande opportunità, in specie se considerata alla luce degli investimenti previsti per l’Expo milanese del 2015.
È ormai consuetudine consolidata far risalire talune criticità e il lento volgere su un piano inclinato, col consapevole disegno di voler far di Malpensa la classica cattedrale nel deserto, agli effetti del governo Prodi: una posizione tanto ingenerosa quanto politicamente inesatta. Verrebbe da chiedersi piuttosto cosa ne è della fatamorgana del ponte sullo Stretto in un Paese che latita da decenni nelle infrastrutture, o perché mai qualsiasi progetto di ampio respiro (l’ultimo esempio sono le dichiarazioni sul nucleare) venga datato a partire dal 2013, cioè dalla fine prevista della Legislatura…
Credo, viceversa, che vi siano questioni riguardanti il bene del Paese sulle quali è giusto e opportuno trovare consenso e convergenze fra l’Esecutivo e l’Opposizione. Perché sarebbe miope considerare Malpensa alla stregua di vexata quaestio meramente regionale, collegata cioè al perimetro condominiale lombardo e posta in relazione esclusivamente agli snodi limitrofi di Linate, Orio al Serio e Brescia Montichiari.
Occorre alzare lo sguardo dalla mattonella che si ha sotto i piedi e poter spingere avanti la prospettiva: vincere, insomma, la sensazione che si ha dinanzi a qualsiasi discorso concernente servizi e infrastrutture che, più che per annunciare una novità, implicitamente ci si debba ridurre a denunciare un ritardo. Ed è quanto mai sconveniente perseverare entro un paradigma che affronta solo in parte e nulla risolve, com’è quello della contrapposizione Roma-Milano foriera in sé d’un malcelato scontro Governo-Opposizione.
Credo sia venuto il momento di passare dalle intenzioni ai fatti: promuovere, senza oltre rimandare, una serie di misure che possano garantire continuità di crescita e fruibilità dei servizi, a principiare dai collegamenti con lo scalo aeroportuale.
I dati di consolidamento e di ripresa di Malpensa devono far riflettere: e mi chiedo quanto sarebbe sciocco sabotare il timone dopo aver così faticosamente rialzato le vele in attesa che si levi un vento.
Per questo ogni capitolo, ogni aspetto riguardante lo scalo milanese e il suo sviluppo, non può esaurirsi fra fastidio e fascino, resistenza e resa: da qualsiasi punto ci volgiamo per affrontare il problema ne emerge la sua centralità non periferica, lungo una deriva che oltrepassa a bell’agio i confini platonici e rassicuranti d’una inesistente Padania per imporsi entro una cornice di ben altro respiro e più generale per il bene del Paese.
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