Dissequestrata la pizzeria degli orrori
Tornano in possesso del titolare Roberto La Rosa i locali della pizzeria Conca d'Oro. Suo padre Emanuele mise la testa di Giacomo Brambilla, ucciso dal genero, nel forno per cercare di occultare le prove del delitto
Sono stati dissequestrati i locali della pizzeria Conca d’Oro di Senna Comasco, teatro della parte più raccapricciante dell’omicidio di Giacomo Brambilla, avvenuto il primo febbraio scorso a Como. Emanuele La Rosa, padre dell’attuale titolare Roberto, è infatti ancora in carcere, accusato di avere partecipato a quel delitto: più precisamente è stato accusato di aver cercato di ridurre in cenere la testa della vittima, per renderla irriconoscibile.
Ad uccidere Brambilla è stato il genero Alberto Arrighi nella sua armeria di via Garibaldi a Como, per questioni di denaro. Ma dopo l’omicidio Arrighi chiamò il suocero spiegandogli “il problema”, e il suocero, evidentemente, gli trovò una soluzione: poche ore dopo infatti la polizia scoprirà all’interno di un forno della pizzeria – l’unica cosa ancora oggi sotto sequestro – la testa orrendamente decapitata della vittima, messa a cuocere a fuoco lento per far sparire ogni traccia e poter recuperare i proiettili usati. Per assicurarsi la “cottura” La Rosa ci aveva messo addirittura su un biglietto, ad uso dei lavoratori del locale «Non toccare, deve cuocere». Una idea orribile e per di più fallimentare, per cui Emanuele La Rosa è ancora in carcere come del resto il genero Alberto Arrighi, reo confesso dell’omicidio.
Ora il figlio Roberto, titolare del locale, non sa più che fare: dichiara, innanzituttto, che quel forno lo butterà via. Però il futuro della sua attività – quasi storica: quella pizzeria è degli anni ‘70 – è ora in forse. «Col tempo riprenderemo a lavorare – dichiara ai giornali – Ma se qualcuno si fa avanti per comprare, magari accettiamo e ce ne andiamo al mare: è una cosa che sogno da tempo». Un desiderio che il fattaccio non può che avere acuito, nella speranza di fuggire da questi assurdi ricordi.
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