“La mamma mi disse: fatti bocciare, così impari a scrivere meglio”
Un espediente usato per meglio apprendere l’italiano quasi cent’anni fa
Bocciato! “Bravo, disse la mamma, così ti fai un altro anno e impari”. La storia arriva dal centenario Carlo Scaramuzzi che svela una vera e propria chicca su come un tempo si faceva di vizio una virtù. La curiosità salta all’occhio prendendo in mano i suoi manoscritti. Sono eseguiti in una grafia perfetta. Le lettere sono distinguibili, ordinate, nitide. Segno di grande esercizio. Ma non è solo la grafomania di Scaramuzzi a svelare il perché. Un tempo la scuola aveva metodi ben diversi da quelli attuali e i nonni che raccontano di pagine e pagine a replicare aste e puntini lo confermano.
«Ma una volta c’era anche chi si faceva bocciare apposta per poter studiare un anno in più». Proprio così.
«La scuola finiva in quarta elementare e per genitori come i miei, che lavoravano entrambi e non potevano tenermi, un anno in più faceva comodo, anche perché continuare gli studi era impossibile, a meno che, nelle famiglie numerose, qualcuno non venisse spedito in seminario».
A Scaramuzzi la scuola è servita: solo grazie alla chiarezza dei suoi manoscritti è stato possibile regalargli un libro-sorpresa per il suo centenario. «Io stesso mi feci bocciare in terza elementare, su consiglio dei miei, così da studiare un anno in più». Un espediente singolare, insomma, proprio in giorni di consegna pagelle e all’indomani delle polemiche sulle medie dei voti. Ça va sans dire: cari studenti del 2000, non prendetelo come pretesto perché è passato un secolo.
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