Busto ricorda le vittime del ciclone di un secolo fa
Il 23 luglio l'improvviso disastro: e sotto le macerie delle ciminiere abbattute dalla raffiche restavano stroncate dieci vite di lavoratori, in gran parte donne.
Cerimonia semplice, con pochi discendenti collaterali delle vittime, per ricordare la tragedia del 23 luglio 1910 quando un ciclone di inaudita violenza si abbattè sull’Alto Milanese uccidendo dieci persone solo a Busto Arsizio. Presenti al cimitero cittadino, davanti al monumento segnato da un secolo di intemperie e bisognoso di qualche piccolo restauro, il sindaco Gigi Farioli e monsignor Franco Agnesi, si è tenuta una breve preghiera per i lavoratori, in gran parte donne, uccisi dal crollo delle ciminiere di varie fra le maggiori fabbriche cittadine.
Giusto merito va alla signora Pinuccia Cagnoni, presente stamane e già premiata dal Comune il 24 giugno scorso, che ha tolto dal dimenticatoio questo episodio luttuoso, remoto nel tempo ma di portata davvero clamorosa. «Ringrazio chi ha fatto presente all’amministrazione quanto accadde giusto cento anni fa» ha detto il sindaco, «facendolo ‘scoprire’ anche a me. Fu un momento importante di storia cittadina, alle esequie delle vittime intervennero, secondo le cronache, quindicimila persone. Facciamo atto di memoria su un evento che ci ricorda l’impotenza dell’uomo di fronte alla furia degli elementi, ma anche che la città di Busto Arsizio ha sempre saputo raccogliere le sue forze migliori per reagire. Viviamo in un tempo completamente diverso, in un clima che a volte tende al vittimismo più che alla voglia di impegnarsi e lavorare: si può guardare al passato per coglierne un esempio». Anche se il linguaggio di allora può suonare retorico, si guardi a come allora l’on. Dell’Acqua (da non confondere con l’omonimo imprenditore Enrico, morto dieci giorni prima della tragedia ndr) rifiutò pubblicamente, con gesto che i giornali definirono curiosamente "ultra americano" gli aiuti promessi dal governo, con la motivazione che la Lombardia era ricca e aveva i mezzi per rimettersi da sola dai danni. Molto più in piccolo il sindaco ha ricordato a questo proposito l’episodio del fulmine che centrò il campanile del Redentore la scorsa primavera, causando danni seri e grande spavento, ma fortunatamente nessun ferito.
Il prevosto mons. Agnesi ha infine ricordato come fosse stato il cardinal Ferrari, allora arcivescovo di Milano, a portare una parola di conforto alla città scossa dall’evento.
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