“Nel cuore della montagna la sicurezza è tutto”
Mancano solo quattro giorni alla caduta dell'ultimo diaframma nella galleria di base del Gottardo. Il medico del lavoro Irene Kunz spiega come è stata gestita la sicurezza all'interno del cantiere
Quello dei minatori che stanno scavando la galleria di base del San Gottardo è un mestiere molto pericoloso, ma grazie anche a Irene Kunz, medico del lavoro della Suva, i rischi per la loro salute e la loro sicurezza sono sensibilmente diminuiti.
Chi dice «cantiere del secolo» dice «galleria di base del San Gottardo». Il nome è altisonante, ma per chi la sta scavando è sinonimo di lavoro sfiancante svolto in condizioni estreme: temperature elevate, umidità tropicale, rumore incessante, polvere onnipresente e traffico di cantiere intenso.
Il 15 ottobre, giorno in cui cadrà il diaframma principale, i minatori lasceranno per un istante la cruda luce artificiale che illumina il ventre della montagna 24 ore su 24 per finire sotto i riflettori dei media. Senza il loro lungo e pericoloso lavoro, un simile cantiere sarebbe stato inconcepibile.
Sarà una giornata memorabile anche per Irene Kunz, il medico del lavoro della Suva (l’istituto svizzero di assicurazione contro gli infortuni) che da dieci anni vigila sulla sicurezza e sulla salute di tutti gli operai – eccetto quelli assegnati al pozzo di Sedrun – intenti a scavare la galleria ferroviaria più lunga del mondo.
Misure di protezione efficaci
Dal punto di vista della medicina del lavoro, dichiara soddisfatta Irene Kunz, non vi sono stati né decessi, né casi gravi per malattie dovute al calore. I nove incidenti mortali sinora avvenuti sul cantiere della galleria di base del San Gottardo sono tutti da imputare a lavori di movimentazione o alla caduta di pezzi di roccia. Rispetto ad altri, il mestiere del minatore rimane ancora molto pericoloso, ammette la dottoressa Kunz, «tuttavia, in materia di sicurezza sul posto di lavoro e di protezione della salute, la Svizzera ha raggiunto standard elevati nel raffronto internazionale».
Dall’inizio dei lavori di perforazione il numero di infortuni nella galleria di base del San Gottardo è diminuito di circa il 40% al punto che il tasso di infortuni su tutti i cantieri Alptransit si situa ora solo leggermente al di sopra di quello del settore edile in generale.
Vedere ed essere visti
In galleria il pericolo numero uno sono i trasporti. Indossare indumenti di protezione con bande rifrangenti pulite è di vitale importanza. Solo così, infatti, i conducenti dei veicoli su gomma e su rotaia sono in grado di scorgere in tempo i loro colleghi di lavoro. «In dieci anni – afferma Irene Kunz – solo raramente ho incontrato minatori con addosso una tuta da lavoro che non riflettesse perfettamente la luce». Oltre agli specchietti retrovisori puliti, lo strumento più importante per chi guida i veicoli di cantiere è la telecamera che funge da «occhio elettronico» quando si procede in retromarcia. Durante la sua decennale attività per Alptransit, Irene Kunz ha imparato che «in un cantiere la cultura della sicurezza e della protezione della salute non può assolutamente mancare». In questo senso, ogni minatore è tenuto a controllare costantemente il buon funzionamento della sua attrezzatura di sicurezza.
L’ABC della sopravvivenza
Un altro elemento fondamentale di qualsiasi sistema di sicurezza e di protezione che si rispetti consiste nella responsabilità individuale che Irene Kunz cerca costantemente di rafforzare insieme ai diretti interessati. L’attrezzatura di sicurezza di base del minatore comprende casco, tuta e scarpe di protezione, torcia con batterie cariche. La tuta, in particolare, deve sì proteggere gli uomini, ma visti il calore e l’umidità presenti in galleria, deve anche consentire al loro corpo di traspirare affinché possa raffreddarsi.
Anche riposare costa fatica
Quando la temperatura della roccia raggiunge i 45 °C e l’igrometro segna valori molto elevati, anche seduti su una sedia il cuore batte più velocemente che non a casa mentre guardiamo la televisione sprofondati in una poltrona. «Ciò accade perché il nostro corpo deve lavorare per dissipare il calore accumulato». Tuttavia, anche la migliore delle tute si rivela inutile se i liquidi persi non vengono prontamente sostituiti. Per evitare la disidratazione, spiega Irene Kunz, «i minatori bevono fino a diversi litri ogni volta che scendono in galleria» e proprio su questo punto le ditte appaltatrici hanno condotto campagne di sensibilizzazione tra i loro dipendenti. Per ogni evenienza, a ogni turno di lavoro è presente un sanitario che, grazie alla formazione specifica ricevuta, è in grado di adottare i provvedimenti del caso.
Controllo medico al momento dell’assunzione
Per limitare i casi di malattie dovute al calore anche la prevenzione ha svolto per la prima volta un ruolo centrale. Prima dell’inizio dei lavori un team di medici della Suva diretto da Irene Kunz ha sottoposto tutti gli aspiranti minatori a un esame approfondito dello stato di salute. I test medici eseguiti includevano controlli di tutti i sistemi organici importanti (tra cui un elettrocardiogramma con stress ergometrico), nonché una radiografia e un esame del sangue. Nei rari casi in cui la dottoressa Kunz ha appurato l’esistenza di rischi, le persone interessate sono state nel limite del possibile assegnate a posti di lavoro meno pericolosi per la loro salute.
«Senza questi controlli non saremmo riusciti a realizzare la galleria di base del San Gottardo con perdite così contenute in termini di salute e di vite umane».
Un lavoro pionieristico
In qualità di responsabile, spetta a Irene Kunz tenere costantemente sotto controllo il complesso sistema di sicurezza e apportare i necessari correttivi laddove riscontra un conflitto di obiettivi.
Un intervento del genere ha riguardato ad esempio l’acqua pompata in galleria per raffreddare e pulire le macchine e per legare la polvere, ma che in quantità eccessive aumenta l’umidità dell’aria peggiorando le condizioni di lavoro dei minatori. «Riflettendo su determinati rischi dal punto di vista medico, abbiamo fatto da apripista». Per Irene Kunz, i dieci anni trascorsi alla guida del team di medici della Suva sul cantiere del secolo rappresentano l’apice della carriera.
«Un aspetto che mi ha molto colpita è il lavoro di squadra di tutti gli specialisti coinvolti. Insieme, geologi, ingegneri, minatori, committenti, ditte appaltatrici, responsabili della logistica e rappresentanti della Confederazione e dei Cantoni hanno creato una rete di strutture sovrapposte e dato prova di saper collaborare bene. E il risultato è qui da ammirare», conclude Irene Kunz.
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