Sit in, striscioni e lezioni in piazza. La protesta continua

Manifestazione a Roma davanti a Montecitorio mentre a Milano la Statale è occupata dagli studenti. Lezioni sospese in molti altri atenei italiani

protesta gelminiSono alcune centinaia gli studenti, professori, ricercatori e precari che questa mattina sono scesi in piazza a Roma, davanti a Montecitorio, per ribadire il proprio "no alla riforma Gelmini". Sono arrivati da tutta Italia. La manifestazione è stata organizzata proprio nel giorno in cui il disegno di legge avrebbe dovuto essere discusso alla Camera dei Deputati ma che la bocciatura della Ragioneria dello Stato ha fatto slittare di almeno un mese. Ma il fatto che sia stata rimandata non fa placare il malcontento. Il mondo dell’università è sceso ugualmente in pazza sventolando diversi slogan su cartelloni e manifesti: "Noi siamo un buon investimento", "Contro la distruzione dell’università pubblica", "Ricostruiamoci l’università". La piazza si riempie di minuto in minuto. "Il sapere è un diritto pubblico". E mentre a Roma si è svolto il sit-in anche a Milano proseguono le proteste: gli universitari, dopo un’assemblea con dottorandi e ricercatori e un corteo nella zona, hanno deciso di occupare il dipartimento di Fisica della Statale e in un centinaio si sono fermati a dormire nelle aule ribadendo: «Da qui non ci muoviamo». Sempre nel pieno delle agitazioni si tornerà a fare lezione all’aperto, in pieno centro, in piazza dei Mercanti. Anche in Bicocca le lezioni alla facoltà di Sociologia sono state sospese. Al Politecnico il rettore uscente, Giulio Ballio, ha scritto una lettera aperta a tutti i suoi allievi per spiegare la difficile situazione che sta affrontando l’università italiana: "In questi giorni – si legge nel documento – si parla di agitazioni dei ricercatori, di richiesta di sospensione delle lezioni, di volontà a non tenere insegnamenti, di rivendicazioni da parte di persone che possono sembrare fortunate perché hanno ancora un lavoro, ma alle quali si sta togliendo quella speranza che li aveva spinti a rinunciare ad attività più remunerative per iniziare quel lavoro che a noi, più vecchi, è sempre parso il più bel lavoro del mondo: fare ricerca e contemporaneamente insegnare ai più giovani". "Tutti noi del Politecnico – prosegue – vogliamo continuare la missione che da quasi 150 anni ci è stata affidata, ma non possiamo essere lasciati soli in balia di chi sta usando una falciatrice per fare di tutta l’erba un fascio". 

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Pubblicato il 14 Ottobre 2010
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