Reguzzoni come Gelmini: o Berlusconi, o si vota
Il parlamentare bustocco ribadisce l'indisponibilità della Lega a qualsiasi altra soluzione, incluso un governo Tremonti, e attacca il Sud come pozzo di spesa senza fondo. Pellegatta: "Finiani? No, gaboliani e traditori"
Gran pienone venerdì sera in Sala Tramogge ai Molini Marzoli di Busto Arsizio, non un posto libero e gente in piedi per il "figliol prodigo" Marco Reguzzoni. Il deputato, capogruppo della Lega Nord alla Camera, è tornato in città per lanciare un messaggio chiaro, chiarissimo: alleanza fino in fondo con Berlusconi. Questa è la strategia della Lega: «Lui ci ha promesso i voti e ce li ha dati sempre. Il metodo è quello di Umberto Bossi: un’alleanza con un soggetto nazionale che ci garantisca rispetto e fedeltà. L’altra strada è avere il 51% nella nostra terra, e se necessario ce lo prenderemo». O così, o così: o Berlusconi o si vota, detto praticamente in stereofonia con il ministro Gelmini, oggi in visita in quel di Gallarate.
La Lega «è una forza di stabilità, e farà di tutto per non buttare a mare l’occasione» di portare a casa il sospirato federalismo. Il Carroccio «è per questa maggioranza, e se altri hanno la forza di far cadere il governo si andrà al voto. Non siamo disponibili ad altri governi». L’Udc «non c’è e non ci sarà. La maggioranza la devono decidere gli elettori, loro e la sinistra devono capire che per governare ci vogliono i voti, non i giochi di palazzo». Un governo Tremonti? «No, i leader sono Bossi e Berlusconi. L’alternativa sono le elezioni».
Visto il successo delle politiche contro l’immigrazione clandestina, a detta di Reguzzoni crollata del 98% tanto che a Lampedusa "chiude" per mancanza di sbarchi, ecco che il bersaglio non sono più gli immigrati, ma i connazionali del Mezzogiorno con l’immondizia di Napoli, i bidelli di troppo della Calabria, e via con l’elenco delle false pensioni d’invalidità (8765) e dei relativi falsi assegni d’accompagnamento (8190) tagliati in appena tre mesi all’inizio del 2010, il tracollo del 58% delle domande di pensione, "guardacaso" concentrate soprattutto n due regioni, Campania e Calabria: «Basta soldi dal nord al sud». La Lega torna alle origini, da questo punto di vista, perchè «quello di Fini è un partito prevalentemente del Sud, lo si è visto a Perugia», e dunque un sostegno garantito di «centralismo e assistenzialismo». «Fatico a capire cosa muove l’azione di certi deputati eletti con la maggioranza per portare avanti un programma» diceva Reguzzoni, «che ora decidono di percorrere strade sicuramente nuove, ma parlando di cose della politica del passato – governi tecnici, di transizione». La Lega e Reguzzoni sono a Roma «per fare le riforme, in testa il federalismo, quello fiscale, soldi nostri a casa nostra». Il governo «le sta facendo queste cose, le fibrillazioni dipendono anche da questo». E allora sfilano la riforma del fisco, il federalismo demaniale, il «federalismo comunale, con 14 balzelli vari trasferiti ai Comuni», soprattutto sugli immobili, e la cedolare secca sugli affitti. Con ciò, autonomia impositiva ai Comuni per pagare i servizi, rilanciava Reguzzoni; ma la vera battaglia è «quella delle regioni, che detengono il bilancio della sanità italiana, da 120 miliardi di euro». E riecco la Lombardia "virtuosa" e le voragini di Campania e Lazio (10 miliardi di euro ripianati da Roma).
A "scandire i tempi" della serata era Sammy Varin, lo speaker di Radio Padania. Ad accompagnare
Reguzzoni l’"eurosuocero" Francesco Speroni, veterano di Strasburgo, il sindaco Gigi Farioli forse già pronto ad incassare il rinnovato sì leghista all’alleanza (nulla di quanto visto e sentito stasera fa presagire sorprese), il segretario provinciale leghista Stefano Candiani che nulla ha lasciato trasparire delle tensioni interne al Carroccio. A Ninetto Pellegatta, decano dei consiglieri comunali bustocchi, toccava la parte dell’ex An che deve rinnegare Fini. «Berlusconi e Bossi hanno regalato a Casini e Fini le cariche istituzionali più alte» diceva come fosse la cosa più normale di questo mondo, «e guarda come sono stati ricambiati. Non chiamateli più finiani da oggi, ma gaboliani, perchè sono dei traditori». Al 90% si andrà al voto anche politico, constatava Pellegatta, lamentando anche il «vergognoso bavaglio per tre mesi a Feltri».
Reguzzoni elencava al numeroso "popolo" amico i successi, suoi e del governo Berlusconi. La difesa del prodotto nazionale con la legge Reguzzoni-Versace; l’imposizione del certificato di regolarità contributiva a tutela degli ambulanti. Le infrastrutture: Pedemontana al via, Arcisate-Stabio, Frecciarossa a Malpensa. Sull’aeroporto, alla domanda posta da un dichiarato non-leghista, l’architetto Magini, Reguzzoni, partito per Roma "per difendere lo scalo", rispondeva di aver avuto sempre «perplessità molto forti sulla necessità tecnica» di dotarsi della terza pista. «Malpensa sta ricostruendo, non va male, noi le diamo le infrastrutture. Serve la terza pista? Decideranno tecnici di volo, Sea, Comuni della zona». Finora, decide Sea e basta.
Altri meriti rivendicati: le regole sull’immigrazione, «irregolari nuovi non ce n’è più». La Lega chiederà «l’applicazione ferrea delle regole sulla circolazione delle persone nella UE: dopo tre mesi devi dire alle autorità del Paese come fai a vivere e cosa sei lì a fare. I rom devono dire come vivono: se i soldi li prendono in un certo modo, gli diamo il foglio di via». Sempre sull’immigrazione, Reguzzoni respinge il «falso buonismo» di chi dice di riaprire gli sbarchi. «Diciamo no, perchè se no partono. Se sanno che non si può, non partono. Riaprendo, rimettiamo in movimento il mercato degli schiavi. Far arrivare la gente per poi rimpatriarli? Sui barconi si muore».
E ancora: la finanza, privata e pubblica, con Basilea III e le regole sempre più stringenti per le banche; la finanziaria, con un miliardo e mezzo per le casse integrazioni, altrettanti «per gli enti locali virtuosi, cioè quelli del Nord con qualche eccezione al Sud», un rilassamento del patto di stabilità per Busto; le crisi aziendali locali con «i 65 della Fiora e i 498 della Livingston»; i cinque punti di Berlusconi, in testa il federalismo, in fondo l’abbassamento delle tasse, «prima di tutto al lavoro dipendente, abbiamo il costo del lavoro più alto e gli stipendi più bassi d’Europa»; la "necessità" di riformare la giustizia («i 109 processi di Berlusconi sono un accanimento»). Ma stella polare, resta sempre il federalismo fiscale.
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