Ipc Verri: non pagano il contributo, negate le fotocopie

Lo denunciano due ragazze 18enni che dovevano fotocaopiare i compiti per le vacanze insieme ai genitori, rivoltisi al Movimento Difesa del Cittadino. Al centro della diatriba il contributo da 140 euro per le attività integrative

Le famiglie "ribelli" dell’Ipc Verri tornano alla carica. Di nuovo, ad otto studentesse di una classe quinta dell’istituto bustese sarebbero state negate delle fotocopie, stavolta dei compiti delle vacanze,con la motivazione che i genitori non pagavano il contributo "volontario" da 140 euro. Che hanno regolarmente versato per i precedenti quattro anni, salvo dire di no quest’anno, decisi e di comune accordo, visto che le attività integrative che giustificavano il contributo non venivano più svolte. Nel contributo però è stato conflato anche l’onere dell’assicurazione, che i genitori invece vogliono pagare, per consentire alle figlie le uscite e le gite: alla loro richiesta di distinguere le somme, è stato opposto un rifiuto. Tutto o niente. E in caso di niente, niente extra di nessun tipo: nemmeno un pugno di fotocopie.

A segnalare il ripetersi dell’episodio di cui sopra è di nuovo il Movimento Difesa del Cittadino. Confermano due studentesse che oggi con i genitori si sono recate presso la sede dell’associazione: B.R. e C.S., entrambe diciottenni (ci è stato chiesto di omettere i nomi). «Ieri la prof ha negato alle otto della nostra classe che non hanno pagato le fotocopie recanti l’elenco dei compiti delle vacanze. Ci è stato detto che per ordine del consiglio d’istituto non sono tenuti a farle avere a chi non ha pagato; l’insegnante ha poi fatto alzare le mani a chi invece aveva pagato», per sapere quante distribuirne. La preside, per parte sua, si sentiva di negare che ciò si fosse verificato già in precdenza, come invece era stato denunciato, in una situazione però diversa e legata strettamente alla didattica: un compito in classe. Ha una logica anche la posizione della dirigente: se il fronte della contestazione si allargasse, sarebbero guai. Ne verrebbe fuori una sorta di "Tea Party" in salsa bustocca, e addio contributi. Parliamo di circa 180mila euro annui: non è poco per una scuola.

I genitori delle studentesse sono molto preoccupati, ma più che mai convinti di essere nel giusto. «Perseverano nel loro modo di fare» constata B.G., padre di una delle ragazze. «La preside non la smuove nessuno, ne colpisce uno per "educarne" cento. Quel contributo ha un senso, certo, ma se viene usato per quello a cui è destinato. Invece qui lo si dà per niente o giù di lì: un libretto scolastico personalizzato, una card per un centinaio di fotocopie, e l’assicurazione scolastica che, ripeto, noi vogliamo pagare, ma non ci sceverano dal resto del contributo. Fino a quest’anno avevamo sempre pagato, ma adesso sono due anni che di fatto non si offre nulla al di fuori del piano di studi. E stiamo ancora cercando di esaminare il bilancio scolastico: "è in bacheca" ci han detto. Noi non l’abbiamo trovato».

M.P., una mamma, è sconsolata: «Le ritorsioni sono queste, la situazione si fa pesante. Non abbiamo avuta risposta dagli uffici scolastici, pur avendo segnalato il problema. Per fortuna c’è la solidarietà delle compagne, che passano le fotocopie, e di alcuni insegnanti, ma siamo ridotti alla Carboneria. Siamo inermi di fronte a un potere, le ragazze trattate così sono demotivate. Alla maturità le marchieranno con un voto che le accompagnerà tutta una vita: è quello che ci preoccupa, tutelare le nostre figlie. Oggi si deve pagare, stare zitti e subire: è questo l’insegnamento che passa nella società».

Anche per l’avvocato Maria Teresa Vaccaro, che presiede il Movimento Difesa del Cittadino della provincia di Varese, «la situazione è peggiorata dopo la pubblica denuncia, ora le ragazze sono sotto tiro, questi comportamenti verso di loro non finiranno. Noi non molleremo la presa e vigileremo sugli sviluppi con la massima attenzione. Seguiremo anche l’esame di Stato di queste ragazze. Se necessario» è l’avvertimento «ricorreremo in tutte le sedi competenti, non esclusa la magistratura».
Per l’istituto, una tempesta in un bicchier d’acqua, si diceva: in realtà un brutto segnale, sintomo di un mondo della scuola che vacilla di fronte alla necessità di risorse che dall’alto non arrivano più, e comincia a segnalare crepe preoccupanti.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 22 Dicembre 2010
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