I “cuori senza frontiere” di giuliani e dalmati
Al cinema teatro Aurora la proiezione della pellicola di Luigi Zampa che ricorda il dramma del confine orientale dopo la guerra, con le scene simbolo del tracciamento del confine
Un carrello, la linea di gesso, quasi fosse quella di un campo da calcio, che taglia un paese in due. Immagini note a pochi, forse, eppure iconiche: l’antico "guai ai vinti" che diventa cinema. È l’evento finale delle commemorazioni per il Giorno del Ricordo a Busto Arsizio, al Cinema teatro Aurora di quella Borsano che ha ospitato nei decenni molti profughi dalle terre giuliane e dalmate: la proiezione del film di Luigi Zampa "Cuori senza Frontiere". Girato nel 1949 e uscito l’anno seguente, è praticamente un instant-movie, o giù di lì, un melodramma con spunti di neorealismo, con attori famosi come Gina Lollobrigida e Raf Vallone, e il piccolo Enzo Staiola già protagonista di "Ladri di biciclette". Una pellicola che con sentimento racconta il dramma del confine, tracciato con puntiglio, e contro ogni logica e buonsenso, da inflessibili ufficiali di tutti gli eserciti vittoriosi della guerra. Un confine che si sposta di parecchio verso ovest e taglia case, campi, affetti, mentre la comunità si divide e soffre, italiani di qua, slavi di là, e non sempre è facile capire chi si è davvero. Chi si salva e chi, qualche metro più in là, perde tutto quello che aveva. Una quieta partita di bocce interrotta dalla divisione del campo da parte della dannata linea bianca. Immagini simbolo dell’iniquità di ogni pretesa di tracciare linee di divisione permanenti.
Poco meno di un centinaio gli intervenuti in serata, con l’appuntamento introdotto dal sindaco Farioli, da Sissy Corsi per l’associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia,e da Andrea W. Castellanza, direttore dell’Istituto cinemtografico Antonioni, per l’inquadramento filmico e storico. «A Busto sono e resto molto legata» ha detto Corsi salutando il pubblico, «che qui ghe xe n’è tanti di noialtri». Di quelli che su chi erano, non avevano dubbi, o non poterono nemmeno tentare di scegliere: erano italiani, non volevano rimpiazzare una dittatura caduta con un’altra nuova di zecca e di lingua diversa. E partirono verso un futuro incerto, che ora regala loro e ai figli il ricordo di un dolore antico.
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