Giappone a tavola, il sushi è sicuro
Il gestore del Také di Gallarate rassicura la clientela dopo l’emergenza nucleare: “Paure ingiustificate, nessun ingrediente contaminato”
La psicosi collettiva colpisce ancora: dopo il morbo della mucca pazza, l’influenza aviaria e quella suina questa volta tocca all’incubo nucleare, che rischia di modificare a sua volta (sia pure in misura minore) le abitudini alimentari degli italiani. E in particolare dei varesini, per i quali la cucina giapponese è in cima alla lista delle preferenze quando si tratta di mangiare fuori: basta guardare i risultati del nostro concorso EatOut Awards, nel quale, su dieci ristoranti etnici selezionati dai lettori, ben quattro propongono i piatti tipici del Sol Levante.

Dal momento degli incidenti alla centrale di Fukushima, infatti, ogni importazione di prodotti dal paese
del Sol Levante è totalmente bloccata: «Bisogna sottolineare – continua il gestore del Také – che per importare da un paese esterno alla comunità occorrono le licenze di importazione ed esportazione, quindi, con il divieto attualmente in vigore, è escluso che possano arrivare in Italia alimenti giapponesi. Per ora non ci sono problemi di approvvigionamento: le scorte dureranno ancora 3 o 4 mesi, e se dovessero esaurirsi non mancano le alternative valide. Ad esempio per le alghe ci si può rivolgere alla Corea, alla Cina o agli USA». Tutto questo solo a titolo precauzionale, dato che si parla sempre di contaminazione eventuale: «Non dobbiamo sottovalutare la portata di quanto avvenuto – conclude Destito – ma neppure dimenticare che la zona interessata dall’incidente nucleare è circoscritta in un raggio di 40-50 km, mentre il Giappone si espande su quasi 2000 km di territorio». Meglio quindi mettere da parte gli eccessivi timori e tornare con fiducia a impugnare le bacchette: il cibo giapponese è ancora una sicurezza.

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