Stop ai “sindaci sceriffi”, Pdl e Lega insorgono

Altolà della Corte Costituzionale agli ampli poteri che le norme sul “pacchetto sicurezza” del 2008 avevano conferito loro consentendo ai primi cittadini di adottare ordinanze anti-lucciole o anti-accattonaggio

Altolà della Corte Costituzionale ai “sindaci-sceriffi”, o meglio agli ampli poteri che le norme sul “pacchetto sicurezza” del 2008 avevano conferito loro consentendo ai primi cittadini di adottare ordinanze anti-lucciole o anti-accattonaggio in diversi comuni d’Italia. La decisione della Consulta fa insorgere il ministro Maroni: «un errore, rimedieremo». Con il titolare del Viminale il Pdl e la Lega, che giudicato inaccettabile l’ennesima «picconatura» dei giudici dell’Alta Corte al “pacchetto sicurezza”. E in effetti la sentenza n. 115 firmata dal presidente uscente Ugo De Siervo non è l’unica bocciatura dei giudici delle leggi alle norme volute dal governo Berlusconi sulla sicurezza: lo scorso anno la Consulta ha dichiarato illegittime sia l’aggravante di clandestinità per chi commette reato, sia la sanzione penale per coloro che trovandosi in stato di estrema indigenza non possono obbedire all’ordine di allontanamento dall’Italia. «Per la bocciatura – afferma Maroni – si tratta di un fatto formale: ci vuole una legge e non un decreto amministrativo e noi rimedieremo per ripristinare questa norma importante». Dell’ultima “picconata” del giudice delle leggi non si stupisce l’Associazione nazionale comuni (Anci) che, come ricorda il presidente Sergio Chiamparino, aveva messo in guardia sull’ampliamento dei poteri di ordinanza dei sindaci senza che questi fossero disciplinati in «un quadro organico sulla sicurezza urbana». E infatti la Consulta ha bocciato la norma nella parte in cui non limita le ordinanze dei sindaci ai casi «con tingibili» e «urgenti» ma le estende fino a violare gli articoli 3, 23 e 97 della Costituzione, vale a dire il principio di eguaglianza dei cittadini, la riserva di legge, il principio di legalità sostanziale in materia di sanzioni amministrative. L’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge è stata leso perché – si legge nella sentenza scritta dal giudice Gaetano Silvestri – «gli stessi comportamenti potrebbero essere ritenuti variamente leciti o illeciti, a seconda delle numerose frazioni del territorio nazionale rappresentate dagli ambiti di competenza dei sindaci». E in questi casi non si tratta di «adattamenti o modulazioni di precetti legislativi generali in vista di concrete situazioni locali», bensì di «vere e proprie disparità di trattamento tra cittadini, incidenti sulla loro sfera generale di libertà, che possono consistere in fattispecie nuove ed inedite, liberamente configurabili dai sindaci, senza base legislativa». Ed infatti, secondo la Corte l’altra importante violazione sta nella mancanza di una «matrice legislativa unitaria», in quanto le ordinanze dei “sindaci-sceriffi” vanno ad incidere «sulla sfera generale di libertà dei singoli e delle comunità amministrate, ponendo prescrizioni di comportamento, divieti, obblighi di fare e di non fare, che, pur indirizzati alla tutela di beni pubblici importanti, impongono comunque, in maggiore o minore misura, restrizioni». Ma – viene ricordato – «nessuna prestazione, personale o patrimoniale, può essere imposta, se non in base alla legge», così come previsto dall’art. 23 della Costituzione. Così come – aggiunge la Consulta – la cosiddetta »riserva di legge relativa« è stata violata sotto il profilo dell’imparzialità della pubblica amministrazione (art.97). La sentenza è accolta con entusiasmo dall’associazione “Razzismo Stop” che aveva impugnato l’ordinanza anti-accattonaggio del sindaco di Selvazzano dinanzi al Tar del Veneto, a sua volta rivoltosi alla Consulta. Durissime invece le critiche della maggioranza. «Se ci saranno più reati nelle città si saprà di chi è la colpa», afferma il presidente del senatori del Pdl Maurizio Gasparri che bolla la decisione della Consulta come »un modo per disarmare le buone ragioni della legge e dell’ordine». Il leghista Marco Reguzzoni parla di sentenza «politicamente inaccettabile». Ma Gianclaudio Bressa, del Pd, ribatte che se governo e maggioranza avessero ascoltato per tempo l’avvertimento dell’opposizione avrebbero fatto «risparmiare tempo alla Consulta e denaro agli italiani». Duro il sindaco di Varese Attilio Fontana: «Decisioni come quella della Corte Costituzionale, che oggi ha bocciato i maggiori poteri affidati dal governo ai sindaci in materia di sicurezza, affondano la volontà di cambiamento del paese – commenta Fontana, sindaco leghista di Varese, che già nell’autunno 2008 firmò un’ordinanza che prevede fra l’altro norme restrittive contro l’accattonaggio -. Che ciascun sindaco decida di affrontare un’illiceità in un modo piuttosto che in un altro – è il ragionamento dell’esponente del Carroccio – è un’architrave del federalismo, parola che è stata inserita in Costituzione con la riforma del titolo V. A Varese, faccio un esempio, dove non ci sono prostitute per le strade, non avrebbe senso un’ordinanza anti-lucciole. Ringraziamo i signori della Consulta se non riusciremo a dare risposte adeguate ai cittadini. Penso che se il paese vuole cambiare e tiene in piedi vecchie strutture e Gattopardi, non andremo molto lontano».

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Pubblicato il 09 Aprile 2011
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