Il mondo della musica ricorda Dalla
In tanti ricordano il cantautore scomparso improvvisamente questa mattina, giovedì 1 marzo, a causa di un infarto
Ecco le dichiarazioni del mondo della musica dopo l’improvvisa scomparsa di Lucio Dalla.
Omar Pedrini: « L’ho incontrato e intervistato a Sanremo, sornione, si infervorava non appena si toccasse argomento a lui congeniale come l’arte. Una perdita per la cultura italiana….».
Antonello Venditti: « Muore un amico, un compagno di viaggio per tutti gli anni ’70 e ’80. Muore una parte importante di me».
Luca Carboni: « In questo momento non ho parole. Non so cosa dire. Un vuoto immenso. Lucio e’ stato allo stesso tempo maestro e fratello. Un artista enorme che ha segnato in modo profondo e indelebile il nostro tempo!»
Stefano D’orazio: « Caro Lucio, mi hai accompagnato a distanza dal Beat in poi, ti ammiravo per la tua genialità, per il tuo estro, per i tuoi eccessi e le tue pazzie, ma soprattutto per la tua arte che non conosceva recinti e riusciva a spiazzarmi e a stupirmi ad ogni nuova idea. Te ne sei andato come avresti voluto, tra un concerto appena finito ed un altro da incominciare e adesso che sei un angelo, come ci promettevi in una canzone, volerai zingaro libero e non starai nelle processioni o nelle scatole dei presepi, ma parlerai con Dio a modo tuo. Addio Lucio. Ti voglio bene».
Nazzareno Carusi: « La sua voglia di bellezza non conosceva sosta o confine. Qualsiasi cosa toccasse diventava arte. Il suo mondo poetico non aveva schemi. La sua folle passione per la musica rendeva tutti parte d’un mondo che senza lui ha tanta meno luce».
Pino Daniele: « Apprendo con profonda tristezza della scomparsa di un amico come Lucio. Era un grande artista, la sua ironia e la sua genialità ci mancheranno».
Enzo Avitabile: « Ricordo Lucio nelle serate passate insieme a Bologna quando registravo il mio disco e ricordo il suo grande carisma e la genialità che venivano fuori sempre, anche durante una cena. Lucio è sempre e comunque “musica”, Lucio è sempre e comunque “parola”. Ciao Lucio».
Shel Shaprio: « Mi ricordo un ragazzino che aveva 23 anni esattamente come me, nel 1966 quando eravamo in tournèe insieme. Io e i Rokes eravamo numero 1 in classifica con “È La Pioggia Che Va” e quando Lucio (ancora poco conosciuto) ed io camminavamo per strada facevamo “l’articolo il”. Lui aveva la brutta abitudine di chiamarmi “scellino” e per tutta la vita mi ha sempre chiamato così e per tutta la vita io me lo ricorderò ventitreenne, ma straordinario anche allora».
Luciano Ligabue: «Ciao Lucio. Grazie. Lucio Dalla è stato una delle persone più libere fra quelle che hanno fatto canzoni nella nostra storia. Era libero di seguire tutti i doni che gli sono stati fatti. Prima di tutto quello di una musicalità che gli usciva da ogni poro. Bastava che posasse le mani su un pianoforte o soffiasse su un sax o un clarinetto e ne usciva subito MUSICA. Poi la sua voce che, naturalmente, era così piena di MUSICA che tante volte era costretto a inventare linguaggi e suoni perché la lingua italiana non gli bastava. E finalmente le parole, quando ha cominciato a scriverle – da Come è profondo il mare in poi – sono sempre state piene di malinconia, meraviglia, ironia, gioco, stupore. E tutto è sempre stato all’insegna di un’enorme, instancabile vitalità. Durante l’anno più difficile della mia vita – quando mi sono ritrovato a fare l’artigliere da montagna a Belluno – le poche volte che mi hanno dato una licenza, non più di cinque/sei, sul mangianastri della mia vecchia Opel girava sempre “Dalla”, l’album con Balla Balla Ballerino, Il parco della luna, La sera dei miracoli, Meri Luis, Cara e altre meraviglie. In uno stato emotivo come quello era incredibile l’effetto che mi facessero quelle canzoni. Chiaramente, al rientro in caserma, le stesse canzoni avevano il compito di passarmi un po’ di forza ma succedeva sempre che su Futura, l’emozione diventasse quasi insostenibile. Amarezza e speranza, malinconia e gioiosità, attaccamento al passato e spinta verso il futuro, in quel pezzo (insieme a chissà quanti altri stati d’animo) c’erano e ci sono tutti. Era il terzo album di una trilogia di capolavori: “Come è profondo il mare”, “Lucio Dalla”e “Dalla” che, cosa più unica che rara nella nostra storia, erano uno dietro l’altro. Un filotto di gioielli. Parecchi anni fa, mi arriva una chiamata sul telefono. Io rispondo ed era proprio lui. Non c’eravamo mai sentiti prima. Mi dice “Guarda, scusa se ti disturbo, ma avevo bisogno di dirti una cosa velocissima. Ho sentito la tua nuova canzone per radio e vedrai che con quella vendi settecentomila copie”. Io non feci neanche in tempo a ringraziarlo per la sorpresa che lui aveva già messo giù. Dentro di me pensavo “See, settecentomila copie… ma quando mai…”. La canzone, appena uscita, era Certe notti. Concludo dicendo che fra le tante cose che ammiro in lui c’è la sua anomalia. Lo classificano fra i cantautori ma è un’etichetta che non lo inquadra bene.
Lui era ed è Lucio Dalla».
Eros Ramazzotti: «Non potrò mai dimenticare il suo telegramma al mio primo Sanremo, mi scrisse: “Olè”. Fu il primo messaggio e ne fui onorato, ci mancherà tanto la sua genialità, era un grande…»
Eugenio Finardi: «Lucio no, proprio non me l’aspettavo! L’avevo visto a Sanremo pochi giorni fa, sempre allegro, con quei suoi occhi da Elfo che sembravano guardarti dentro e sorridere di ciò che vedevano. Sembrava eterno. Lo stesso che clowneggiava con il clarinetto alla Palazzina Liberty di Milano, quando lo vidi per la prima volta mentre cantava "Com’è Profondo Il Mare", 30 anni fa. Lo stesso che cantava "Paff Bum" con i mitici Yardbirds, guadagnandosi il rispetto e la gratitudine di noi piccoli rocker. Un jazzista inventatosi cantautore trasformato in Pop Star. Mi ha fatto l’onore di suonare in 2 mie canzoni. Un uomo fiero, ironico, molto emiliano. Un grande musicista. Però questa brutta sorpresa non dovevi farcela Lucio! Buon viaggio, salutami Caruso…»
Pooh: «Lucio, perché così lo chiamiamo tutti da sempre, senza bisogno del cognome, è stato amico e fratello di tutti quelli con cui ha lavorato, cantato o anche solo parlato… Sempre uguale a sé stesso, sempre in equilibrio perfetto con una cultura acquisita e inventata strada facendo. Lucio è stato l’esempio più bello di chi ha saputo trasformare con leggerezza il proprio lavoro in un’arte. Lucio, con la sua continua voglia di stupire e la sua involontaria capacità di piacere al mondo! »
Niccolò Agliardi: «Mio padre a sette anni mi fece ascoltare, durante un viaggio in auto "Ma come fanno i marinai". Ho capito qualche anno dopo che uno di quei marinai "mascalzoni ed imprudenti con la vita nei calzoni e col destino in mezzo ai denti sotto la luna puttana e il cielo che sorride" era proprio Lucio; e che mi avrebbe insegnato ad amare le parole e a godere della loro leggerezza e della loro profondità. Un giorno gli ho chiesto se avesse idea di dove fossero finiti Anna e Marco. mi ha risposto che non aveva alcuna importanza il luogo, ma mi ha convinto quando mi ha promesso che ovunque fossero, ancora si amavano. Questo ho imparato da lui».
Giulio Casale: «I primi album di Lucio hanno acceso in me il sogno di poter fare lo stesso lavoro d’artigiano. A tratti Lucio è stato un genio».
Sal Da Vinci: «La musica italiana ha perso un suo accento. Addio Lucio, sei scomparso e presente».
Giuliano Sangiorgi: «Nella sua voce e nei suoi testi ho sempre trovato tutto quello di cui avevo bisogno… l’umanità e l’infinito… ciao Lucio».
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