Urbanistica gallaratese a processo, le difese: “Una concussione senza vittime”

Il processo all'ex-dirigente dell'ufficio tecnico Gigi Bossi e agli architetti Riccardo Papa e Federica Motta giunge alle battute finali. I legali provano a smontare l'intero impianto accusatorio e parlano di suggestioni e teorema

Il processo per concussione ambientale nei confronti dell’ex-dirigente dell’urbanistica gallaratese Gigi Bossi, della sua compagna Federica Motta e dell’ex-presidente dell’Ordine degli architetti Riccardo Papa giunge al suo ultimo atto prima della sentenza con la discussione da parte delle difese dei tre imputati. E’ stato un fiume di parole appassionate quello che Federico Papa, fratello e avvocato di Riccardo Papa, ha riservato per l’accusa tutto teso a smontare l’indagine partendo dagli errori che, secondo il legale, il pubblico ministero Roberto Pirro avrebbe commesso durante la sua inchiesta: «Tutto il procedimento si è basato molto sulla suggestione e poco sui fatti – ha detto Federico Papa – colpi di teatro messi a segno nei momenti opportuniche hanno dato ragione all’accusa di fronte alle nostre richieste di scarcerazione al tribunale del riesame. Ne cito una: la telefonata tra la madre dell’architetto Papa (nonostante sia anche la sua di madre il legale ha usato la terza persona, ndr) e il figlio, tenuta nel cassetto fino all’ultimo e poi usata come un colpo di teatro». 

Il legale di Papa passa, poi, in rassegna tutte le pratiche edilizie nelle quali è coinvolto il fratello e prova a smontare la teoria del pm che nella sua requisitoria le indica generalmente come "pratiche affidate a Papa e alla Motta, su richiesta di Gigi Bossi": «Il pubblico ministero aveva in mente uno schema che ha tentato di estendere anche a Riccardo Papa ma il suo nome non è sempre collegato a quello di Federica Motta e c’è una gran confusione quando si parla di Expert conondendo la Sgm, che gestisce il punto vendita e che affida un incarico alla Motta, con i fratelli Clerici della Ponte Arno che sono amici di famiglia e si affidano a Papa da una vita». Anche sull’incompatibilità del suo cliente per la redazione del Pgt il difensore precisa che «Papa era stato incaricato di fare da consulente per il documento di piano e non il Pgt che, invece, era in capo a Gigi Bossi. La legge regionale non vieta che un professionista della stessa città di prestare una consulenza per una parte del Pgt». Infine attacca il consulente tecnico dell’accusa: «Il consulente incaricato fa confusione sulla pratica Expert: prima dice che i fratelli Clerici non hanno pagato il dovuto, poi produciamo la fattura e dice che hanno pagato meno del dovuto e, infine, ci si ritrova con i fratelli Clerici seriamente intenzionati a far causa al comune di Gallarate. Infine sbaglia anche a fare i calcoli per gli oneri di urbanizzazione clacolandoli sui metri cubi e non sui metri quadri».

Subito dopo è la volta dell’avvocato Tiberio Massironi che difende Gigi Bossi: «Tutta l’accusa è basata su un teorema e non sui fatti – spiega Massironi – secondo questa teoria Bossi elargiva permessi di costruire in cambio di soldi. Dietro questa idea c’è in realtà una malafede di fondo da parte del pubblico ministero ma i pubblici ministeri perseguono un interesse pubblico e qui non abbiamo nemmeno le vittime». Massironi fa il caso di un piccolo costruttore entrato nell’inchiesta come parte offesa: «Ricci presenta le sue pratiche in comune, poi Bossi si accorge che manca un documento e blocca la pratica, ma quel documento è fondamentale e lo stesso Ricci se la prende col suo professionista il quale ammette di non avere gli strumenti per poterlo preparare. A quel punto è lo stesso Ricci a chiedere all’ufficio tecnico, senza la presenza di Bossi, a quale professionista può rivolgersi e gli viene indicata, tra i tanti nomi fatti, anche Federica Motta alla quale decide di affidarsi. Dove sarebbe la costrizione?». 

L’avvocato di Federica Motta, Cesare Cicorella, completa il discorso dei due predecessori: «Il problema è che la concussione, per avere luogo, deve avere un concussore e un concusso che entrano in conflitto, una parte attiva che preme e una passiva che subisce. In questo procedimento manca completamente la vittima. C’è una fragilità di fondo del capo d’imputazione che ha messo in difficoltà lo stesso pubblico ministrero nella sua requisitoria. Figuriamoci se una vittima può essere Francesco Pinto di Inticom, detentore del marchio Yamamay, un impero economico». Anche la palazzina Inticom, infatti, è tra le pratiche prese in considerazione dal pubblico ministero Roberto Pirro. Cicorella, infine, tocca anche il tasto dei problemi di droga della Motta: «Purtroppo quel problema l’ha trasformata nell’ultimo periodo prima dell’arresto – conclude Cicorella cercando di spiegare, così, perchè il suo rendimento lavorativo non fosse così performante – prima di finire nel tunnel della droga era una stimata professionista». Tutti i difensori hanno chiesto l’assoluzione dei tre imputati dai reati contestati. La sentenza verrà pronunciata dal presidente del collegio Adet Toni Novik il prossimo 25 maggio.

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Pubblicato il 16 Maggio 2012
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