“Libera la sedia”, l’inno anticasta che piace ai giovani

Il nuovo brano dei fratelli “7grani” impazza nella rete. La canzone registra gli umori di questa Italia affaticata da chi la sedia non la vuole liberare

Tutto è partito dal consigliere regionale lombardo per il Partito Democratico, Giuseppe Civati. Un’idea nuova per dire ai politici della “vecchia scuola” di andarsene e accettare il fatto di dover “liberare la sedia”. La campagna si trasforma da subito in canzone-tormentone grazie ai fratelli “7grani”: Mauro alla chitarra, Fabrizio alla voce, tastiere e chitarra e Flavio al basso.
Un brano semplice, ben costruito, sorretto da una melodia immediata e da un ritmo divertente. Gli ascolti in rete impazzano e il video, frizzantino, è ormai un piccolo caso nel circuito indipendente. Insomma, sono ormai passati i tempi di quando mamma e papà ascoltavano “Sapore di sale” sulle spiagge italiane. Anche se di matrice divertita e volutamente leggera, “Libera la sedia” è un inno “anti-casta” che piace ai giovani. E non è detto non entri nei circuiti dei karaoke fai-da-te sotto il solleone di agosto. Senza dubbio populista, la canzone registra gli umori di questa Italia affaticata da chi la sedia non la vuole liberare. E tra chi studia (e sogna un lavoro in Italia), chi già lavora (ma non ce l’ha più), chi vorrebbe campare facendo l’attore o scrivendo canzoni e poesie (ma non vede via d’uscita), troviamo la pizza e il mandolino, il Rinascimento e Dante. «È finita la commedia / e libera la sedia / che per noi non è una tragedia”: la band gigioneggia con simpatia ma non si fa scrupoli nel mettere in rima i vizietti della classe politica e di chi, dalla casta, ha ricevuto favori e vantaggi. Allora accade che nello Stivale restino soltanto “gli amici dei briganti…i mariti delle amanti…i furbetti del quartiere…e i tg che leccano il sedere».
Ma c’è posto anche per la corruzione, i favori sessuali e quell’arrangiarsi che da arte diventa culto: tra una pizza e uno yacht. A muovere i “7grani”, che da Bizzarone guardano all’Italia e alla Svizzera, è però una grande amarezza: «Siamo abituati a vedere gli italiani passare il confine. Il problema è che prima ci dicevano di studiare per non dover emigrare, ora di studiare per poter emigrare!».
E una canzone, seppur bella che sia, non può fare molto.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 18 Giugno 2012
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