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Teatro Sociale, ingenti danni al tetto
La tromba d'aria di lunedì non ha risparmiato l'edificio che ha compiuto da poco 120 anni. La direttrice Delia Cajelli lancia il suo grido di dolore: "Votatelo come luogo del cuore per il Fai"
La tromba d’aria che si è abbattuta ieri, lunedì 6 agosto 2012, su Busto Arsizio e sulla Valle Olona ha lasciato danni evidenti anche al teatro Sociale. «E’ totalmente scoperto il tetto che sovrasta il palcoscenico. In alcuni punti, all’interno della sala, – dichiara Delia Cajelli, direttore artistico della struttura di piazza Plebiscito – si vede addirittura il cielo e la forza con la quale il vento si è abbattuto sull’edificio è ben visibile anche dall’esterno. E’ una grossa ferita per il teatro, che lo scorso anno ha festeggiato i suoi centoventi anni di vita e che attualmente partecipa al censimento «i luoghi del cuore» del Fai (Fondo per l’ambiente italiano, ndr)».
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«Abbiamo già provveduto questa mattina, appena ci siamo resi conto dei danni, a contattare l’assicurazione e a informare l’Amministrazione comunale», conclude una sconsolata Delia Cajelli.
Nato sul modello della Scala di Milano, il teatro Sociale di Busto Arsizio fu fondato sul finire dell’Ottocento per volontà dei conti Giulio e Carolina Durini e di altri notabili della città. L’inaugurazione dell’edificio, costruito dall’architetto milanese Achille Sfondrini, si tenne il 27 settembre 1891 con «La forza del destino» di Giuseppe Verdi.
Negli anni, la sala ha visto calcare le assi del palcoscenico grandi interpreti e intellettuali degli ultimi due secoli, da Tommaso Marinetti a Dario Fo, da Cesco Baseggio a Uto Ughi, passando per Paola Borboni, Raffaele Viviani, Vittorio De Sica, Anna Magnani, Beppe e Concetta Barra, solo per fare alcuni nomi. Segnalato come rappresentativo di Busto Arsizio, nel dicembre 1896, sulle pagine del giornale «Le cento città d’Italia» (supplemento mensile illustrato del «Secolo» di Milano), lo stabile ha subito vari interventi di restauro, il più significativo ed elegante dei quali fu realizzato, nel 1935, dai giovani progettisti Antonio Ferrario e Ignazio Gardella. Il loro lavoro, considerato meritevole da Edoardo Persico di una segnalazione sulla rivista «Casabella» (una vera e propria Bibbia per gli addetti ai lavori), venne stravolto, nel 1955, dall’ingegner Mario Cavallè, incaricato di ridisegnare la struttura secondo le necessità della fiorente industria cinematografica. Scomparve così agli occhi del pubblico la volta affrescata della sala, dalle sognanti e oniriche ascendenze dechirichiane, con le sue figure allegoriche, donne e angeli danzanti, tra fiori, campane, note, chiavi di violino e pentagrammi.
Fino a mercoledì 31 ottobre, è possibile segnalare anche la sala di piazza Plebiscito compilando le cartoline dedicate al censimento «I luoghi del cuore» che si trovano nelle filiali di Intesa San Paolo e nelle delegazioni e nei beni Fai, o votando on-line, previa registrazione, alla pagina www.iluoghidelcuore.it/teatro-sociale-di-busto-arsizio.
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