L’avventura della nazionale paralimpica italiana è stata un trionfo

Ventotto medaglie, 10 più di Pechino 2008. Tra le tante ispirazioni c’è quella generata da Alex Zanardi. I risultati degli atleti varesini

Inspire a generation”, ispirare le nuove generazioni, era il motto dell’estate olimpica di Londra che si è conclusa con la cerimonia di chiusura allo Stadio Olimpico e passaggio della fiamma paralimpica tra il Sindaco di Londra e quello di Rio de Janeiro sede dei giochi 2016. Per chi ha vissuto questa avventura veder chiudere un villaggio che per due settimane ha visto oltre 4000 persone di ogni età, provenienti da 166 Paesi diversi, con disabilità, culture, colore della pelle, religioni diverse, hanno materializzato il motto “Inspire a generation”, è un pugno nello stomaco. Se per chi vive o guarda le Paralimpiadi l’edizione di Pechino ha segnato un chiaro cambiamento di rotta in merito a organizzazione, media e atleti, Londra 2012 è stato un vero e concreto cambio di passo, un segnale chiaro e forte alle nuove generazioni che hanno già dato segnali importanti di averlo recepito.
Le vecchie generazioni si perdono ancora nel come chiamare una persona con disabilità. Ci ha messo del suo anche il nostro povero Paolo Villaggio con una uscita tipica dell’italiota medio, della serie “non conosco e quindi non capisco”. Le nuove generazioni qui a Londra hanno invece dimostrato di aver adottato il più intelligente “non conosco le Paralimpiadi e quindi vado a viverle per capirle”. Ma utilizzando un termine caro ai politici italioti, a sua insaputa l’entrata in scena del rag. Fantozzi ha portato bene al nuotatore della Polha Varese e della Luino Verbano Nuoto Federico Morlacchi. Così come il cognome Fantozzi veniva regolarmente storpiato in Fantocci, anche il giovane luinese ad ogni sua apparizione al sontuoso Aquatic Center veniva annunciato come “Morlacci”. Tentare di correggere lo speaker è stato inutile. Agli “ok ok sorry” faceva seguito sempre lo stesso annuncio: “Ladies and gentleman, Feuerico Morlacci!” E per tre volte su quattro è arrivata la medaglia. E allora che sia per sempre, Morlacci forever!

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Già le medaglie. Prima di una Paralimpiade le chiedono con più insistenza i distratti. Quelli che non comprendono come anche solo partecipare ad una Paralimpiade sia un impresa. Soprattutto in Paese come l’Italia ancora oggi alle prese con un ricambio di cultura ad andamento lento. Fino a non molti anni fa un buon sportivo vittima di una malattia o un incidente se dotato di buona volontà poteva ambire a partecipare alle Paralimpiadi. Da Pechino e ancora di più ora da Londra non è più possibile, nel senso che non basta piu’. In gara si sono visti atleti veri, professionisti o dilettanti professionali veri. Per maggiori informazioni in merito chiedere a Oscar Pistorius che ha partecipato ad Olimpiadi e Paralimpiadi arrivando dietro in entrambi gli eventi salvando la sua partecipazione nell’ultima gara paralimpica utile realizzando il sontuoso record del mondo nei 400mt. Ma la vittoria più bella dell’atleta sudafricano è stata quella di chiedere prontamente scusa al mondo dopo che a caldo aveva sollevato dubbi sulle protesi del brasiliano Alan Oliveira che l’ha battuto nei 200 metri.
Il Presidente del Comitato Paralimpico Internazionale Philip Craven aveva chiesto ai media accreditati, mai così numerosi prima d’ora alle Paralimpiadi, di non utilizzare il termine “disabile”. E allora, forse ispirati dalla colonna sonora utilizzata per accompagnare la sfilata nella cerimonia inaugurale e le vittorie della nazionale britannica (la mitica Heroes di David Bowie), i media si sono buttati sul termine “eroi”. Mah! Perché non più semplicemente atleti?
Nella cultura di casa nostra sarebbe bene considerare eroi quei disabili che ancora oggi ricevendo scarsa considerazione da un mondo dove non hanno scelto di nascere con disabilità che non hanno scelto di avere, riescono a vivere una vita degna chiedendo il rispetto dei propri diritti in quanto persone e non in quanto disabili. Chiedono di avere dei mezzi pubblici consoni ed adeguati e non il parcheggio gratis in centro città o davanti al centro commerciale. Accessi, ausili e pratiche burocratiche mirate a limare le difficoltà della loro quotidianità e non il biglietto gratuito allo stadio o ai concerti.
Stanchi di venir rappresentati, determinati a rappresentarsi in prima persona. In una canzone scritta e incisa dal campione di sci paralimpico Luca Maraffio, il “Kino” ripete più volte il ritornello “forse pensano che per il fatto di essere seduti in carrozzina abbiamo perso anche la ragione. Fanno leggi, parcheggi, ascensori, scivoli nei locali e ci dicono perfino su che cesso dobbiamo sederci”.

L’avventura della nazionale paralimpica italiana a Londra è stata un trionfo. 28 medaglie, 10 più di Pechino 2008. Tra le tante ispirazioni c’è quella generata da Alex Zanardi. Per il suo essere uomo prima che campione. Al termine di ogni gara ringraziamenti al mondo. Dalla famiglia ai compagni di squadra nominati ad uno ad uno con nome e cognome. Una risposta, una foto, un sorriso per tutti e con tutti. E prima delle Paralimpiadi non un assenza ai raduni e una continua, ossessiva ricerca di migliorie per se stesso e il suo mezzo, l’handbike, che al termine di ogni gara abbraccia, bacia e ringrazia come fosse un essere umano. In una parola: esemplare. Alle nuove generazioni non resta che cogliere queste ispirazioni e nessun altre generate dalla Paralimpiadi di Londra con lo sguardo sull’orizzonte e non fisso ognuno sui propri confini .

E infine Varese.

Fabrizio Macchi (ciclismo): far passare il messaggio che sia stato fermato per doping è scorretto. Il corridore varesino è a casa per scelta della Federazione Ciclistica Italiana, su indicazione delle Procura Federale che gli contesta la frequentazione del famigerato dott. Ferrari dal 2007 al 2010. Se c’è dell’altro lo sapremo solo vivendo.
Fabrizio Sottile (nuoto): al suo esordio nella massima manifestazione sportiva è mancato. Il motivo lo saprà lui e chi lo allena e lo segue ogni giorno. Fabrizio l’età, il talento e la passione per regalarsi e regalare grandi soddisfazioni.
Federico Morlacchi (nuoto): il “Morlacci” l’ha combinata grossa! Partito con il sogno di una medaglia ne porta a casa tre di bronzo. Ma il metallo conta poco. Per chi l’ha visto per la prima volta in piscina ancora bambino come la Presidente della Polha Daniela Colonna Preti, per il movimento varesino del nuoto e dello sport per persone con disabilità in genere, per lo staff tecnico che lo segue ma prima ancora per i suoi genitori che lo “scarrozzano” nelle piscine della provincia e lo segue nelle piscine di mezzo mondo, ogni sorriso sul podio di Federico equivale a oro zecchino.
Nicola Damiano (basket): nella spedizione a Londra degli azzurri del basket in carrozzina qualcosa non ha funzionato. Turbolenze sulla guida tecnica a pochi mesi dalle Paralimpiadi. Giocatori che oltre a sporadici raduni si ritrovano insieme solo una settimana prima della partenza. In un girone di ferro con squadre del calibro di Australia, Stati Uniti e Turchia forse non si poteva pensare di superare il turno. Una figura migliore almeno dimostrando di crederci quella si. Nicola ha fatto ciò che gli è stato chiesto. Un campionato europeo l’ha già vinto. Per la Paralimpiade si concentri su Rio de Janeiro 2016
Alessandro Franzetti (canottaggio): unico anello di congiunzione con il gruppo protagonista a Pechino. Franzetti ha fatto al meglio tutto ciò che una guida/timoniere può fare. Sempre più a supporto del CT e del settore adaptive. Insieme a Mhaila di Battista (quest’ultima a Pechino nel ruolo di riserva) Franzetti ha saputo diventare un punto di riferimento per i compagni e non solo. Nello sport come nel resto della nostra società tutto va meglio quando ognuno fa il suo. Lui lo fa e con passione. Il suo e anche di più.
Paola Grizzetti (canottaggio): imprese come quella del quattro con nell’esordio a Pechino sono difficili da ripetere. La medaglia d’oro al CT e agli atleti del canottaggio azzurro va comunque assegnata, ad honorem, per aver rinnovato e ringiovanito entrambi gli equipaggi qualificati. Da qui a Rio ci sono quattro anni in cui continuare a crescere e reclutare atleti in grado di competere ad alto livello, recuperando anche i due singoli mancanti a Londra. Considerando l’altissimo livello raggiunto dalla competizione (con il tempo del quattro con medaglia d’oro a Pechino, la barca azzurra sarebbe rimasta fuori dalla finale A), il quinto posto del “quattro con” e il sesto del “doppio” sono ottime basi per ripartire ed arrivare a Rio da potenziali protagonisti. A reclutamento e ricambio generazionale pensino con maggior impegno Comitato Paralimpico, Federcanottaggio e perché no, con rinnovato impegno anche la Scuola così da poter tornare a scriverla con la S maiuscola.

Contributo di Roberto Boff dell’associazione Sestero

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Pubblicato il 10 Settembre 2012
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