Al Teatro Sociale “il pubblico” interpreta Brecht
I protagonisti del corso di teatro realizzato dall'associazione "Educarte" saranno in scena martedì prossimo con "Il cerchio di gesso" del noto drammaturgo tedesco
Sono trentacinque, ventisei donne e nove uomini. Hanno un’età che spazia dai 19 ai 67 anni. Nella vita fanno i mestieri più vari, dall’agente immobiliare al funzionario comunale, dal web-designer alla hostess, dal ricamatore all’insegnante di canto. Hanno tutti una passione in comune: il teatro. Sono gli allievi del corso «Chi è di scena? Il pubblico», promosso dall’associazione culturale «Educarte» e realizzato con il contributo economico della Fondazione Cariplo di Milano. Dalla fine di giugno stanno lavorando alla messa in scena del dramma in versi e prosa «Il cerchio di gesso del Caucaso» di Bertolt Brecht, per la regia di Delia Cajelli, le coreografie di Elisa Vai e la direzione musicale di Daniele Biscari. Il risultato del loro lavoro andrà in scena martedì 23 ottobre, alle ore 21, al teatro Sociale di Busto Arsizio, nell’ambito della stagione cittadina «BA Teatro». Sul palco saliranno anche alcuni iscritti al laboratorio «Attori in erba», riservato ai bambini dai 5 ai 12 anni, e i musicisti Giovanni Arnò (contrabbasso), Florian Banda (violino), Daniele Biscari (pianoforte e chitarra), Gianfranco Grandolfi (percussioni) e Bruno Piazza (sassofoni).
Parole e musica si fonderanno, dunque, in scena per raccontare una storia, dal sapore melanconico ed educativo, ispirata a una bella e antica leggenda cinese del XIII secolo: la favola «Hui Lan Chi» di Li Hing-Tao, che Bertolt Brecht ebbe modo di conoscere attraverso la libera traduzione che ne fece il letterato Klabund, per uno spettacolo di Max Reinhardt, andato in scena nel 1925.
Il testo, composto tra il 1944 e il 1945 e rappresentato dalla «Berliner Ensemble» (e con le musiche di Paul Dessau) nel 1954 al Theater am Schiffbauerdamm di Berlino, pone al pubblico una domanda: è possibile praticare la bontà e seguire, tenacemente, il senso del dovere quando tutto intorno a noi parla il linguaggio dell’odio, della sopraffazione e della diseguaglianza? La risposta è delle meno scontate: sì, afferma il drammaturgo tedesco, perché «terribile è la tentazione della bontà». E’, infatti, un forte senso di umanità quello che porta Gruša Vachnadze, una sguattera di cucina incolta e cocciuta, a mettere in salvo, ma anche ad allevare Michele Abašvili, figlio neonato del governatore di un villaggio della Georgia, che, nel corso di una rivolta di palazzo, durante la quale il padre viene decapitato, è abbandonato da una madre fin troppo distratta, interessata più al superfluo che al bene del proprio bambino. Diversi anni dopo, la donna che lo ha partorito, Natella Abašvili, torna a reclamare Michele, unico mezzo per entrare in possesso della propria eredità. Il caso viene sottoposto a un giudice, Azdak, che decide di praticare la prova salomonica del cerchio di gesso, una sorta di tiro alla fune col corpo del piccolo. La storia termina con una morale: le cose appartengono non a chi ne rivendica la proprietà per legge o per sangue, ma a colui che ne ha avuto cura e ha permesso loro di crescere. «Ogni cosa –scrive Bertolt Brecht- deve appartenere a chi le si conviene, i bambini ai cuori materni, perché prosperino, i carri al buon guidatore, perché siano ben guidati, la valle a chi la irriga, perché dia buoni frutti».
Amore, guerra, giustizia, potere e sentimento materno sono, dunque, gli argomenti che tessono la trama di questo dramma brechtiano, articolato nella forma del «teatro epico», con i vari passaggi dell’azione introdotti da un cantore-narratore e dai suoi musici. L’allestimento del teatro Sociale di Busto Arsizio, che si avvale di una rilettura delle musiche di Paul Dessau a cura di Daniele Biscari, prende spunto dal diario che Hans-Joachim Bunge redasse, tra il novembre 1953 e l’ottobre 1954, in occasione della prima rappresentazione berlinese. In questo testo, si parla, tra l’altro, dell’uso della maschere sceniche, della musica, che deve avere carattere folkloristico e volume alto, e dell’obiettivo brechtiano di fare «un teatro che sia spaccato della realtà», un «teatro epico», che con i suoi drammi, interpretati dagli attori secondo la tecnica dello straniamento (contraria a quella, stanislawskijana, dell’immedesimazione), deve invitare il pubblico a tenere una distanza critica e a riflettere su quanto avviene sulla scena, deve provocare non emozioni, ma riflessioni.
Il costo del biglietto è fissato ad euro 10,00. Il botteghino è aperto nelle giornate di mercoledì e venerdì, dalle 16.00 alle 18.00, e di sabato, dalle 10.00 alle 12.00. Per informazioni è possibile contattare la segreteria del teatro Sociale di Busto Arsizio in orario d’ufficio (dal lunedì al venerdì, dalle 9.00 alle 12.30 e dalle 15.00 alle 18.00; il sabato, dalle 9.30 alle 12.00) al numero 0331.679000.
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