In campo con Maradona, in chiesa col Papa. Storia di un argentino di Cantello
Carlos Anta, 53 anni, originario di Buenos Aires racconta l’emozione di aver conosciuto Jorge Mario Bergoglio l’uomo che ha conquistato il mondo con un “buonasera”. Ma la sua storia si intreccia anche col pibe de oro
Carlos aveva 33 anni quando in una piccola chiesa di Mataderos, alle porte di Buenos Aires, incrociò gli occhi di un uomo maturo, senza occhiali, e in abito da vescovo. Quel pastore si chiamava Jorge Mario Bergoglio, da poco alla guida della diocesi di Buenos Aires. Vent’anni dopo sarà Papa: Papa Francesco.
E ne aveva 10, Carlos, quando in un campetto di periferia della capitale argentina incrociò lo sguardo di un coetaneo che Papa lo divenne, ma del calcio: era Diego Armando Maradona.
Ora Carlos Anta, classe 1959, abita a Cantello e grazie a facebook è in contatto con moltissimi amici rimasti in Argentina, e con tutti i suoi parenti, alcuni dei quali sono emigrati in Italia.
E proprio uno di questi, suo nipote Ezequiel, il ragazzino in età da cresima ritratto mentre sta prendendo il sacramento, dopo vent’anni si è ricordato di quel momento col presule. Un flash back, un’illuminazione che fa tornare indietro le lancette dell’orologio non appena le finestre di San Pietro si aprono, e mercoledì scorso arriva l’attesa frase: “habemus papam”.
“Ma quello lo conosco! Era il mio vescovo!”. Così partono i messaggi in Argentina e la mamma di Ezequiel tira fuori dal cassetto la foto e la condivide sulle bacheche dei parenti.
«Sì, mi ricordo quel giorno, lo ricordo bene – spiega Carlos . Quella foto venne scattata nel 1993 nella chiesa di San Josè: è all’interno di una scuola privata in un paese appena fuori da Buenos Aires; sinceramente, non ricordavo il nome di Bergoglio: me l’ha fatto notare mio nipote. Ricordo che dopo la cerimonia vennero fatte altre foto, ma è passato così tanto tempo…».
Chissà quante altre ce ne sono: Bergoglio è descritto come uomo di popolo, vicino ai fedeli, alla mano, tanto da aver riempito d’orgoglio molti argentini.
«Sì, certamente. Tra la comunità argentina presente in provincia di Varese vi è grande considerazione e rispetto per questa figura, un fatto che tuttavia non ci ha impedito di scherzarci sopra: battute fra connazionali. Si può ad esempio ironizzare sulla fumata bianca: “Sarà l’asado che ha preparato per festeggiare” era la gag ricorrente su facebook. Del resto, l’orgoglio che si prova ad avere un papa che viene dal tuo paese è veramente forte.».
Tanto forte da convertire? «Non lo so. La tentazione, domenica mattina, mentre accompagnavo una parente a Malpensa, è stata quella di partire col primo volo per Roma, per gustarmi l’Angelus – spiega Carlos sorridendo – . Io ho preso i sacramenti, li ho fatti prendere ai miei figli ma non vado a messa la domenica, non credo che questo mi riporterà in chiesa. Certo mi farà seguire con più attenzione i passi del papa, credo lo ascolterò con maggior interesse».
Il papa, l’emozione, i ricordi e l’orgoglio.
Ma la fede, per un argentino, passa anche per il pallone: inevitabile, anche solo sfiorando l’argomento, un accenno allo sport nazionale. E, guarda caso, sbuca dal cassetto del passato anche Maradona (nella foto). «Proprio così: una partita di pallone con Maradona. Erano i primi anni ’70, e mi capitò in un torneo di quartiere: abitavo a Villa Urquiza, fuori Buenos Aires. Il torneo era quello di Paternal (un paese ndr). Quel giorno ci toccò di giocare contro i “giocolieri” del “Vincito Colorado”, squadra dove militava un giovanissimo Diego Armando Maradona…ricordo solo che le vincevano tutte, quelle partite. Avevamo 10 anni. Lui diventò famoso, il più grande, e io quel pomeriggio da ragazzino me lo ricordo come fosse ieri».
Carlos è in Italia dal giugno del 2004, da quando si trasferì con tutta la famiglia. Oggi lavora a Varese come agente di commercio. Si è lasciato alle spalle migliaia di chilometri e la storia vissuta in prima persona nel corso degli anni ’70 in cui il suo Paese sprofondò nella dittatura militare.
Proprio questo è il periodo più discusso sul passato di Bergoglio: il rapporto col regime, il caso dei due religiosi arrestati per volere della junta militar, i libri e le inchieste del giornalista Horacio Verbitsky.
«Non so cosa ci sia di vero. Io in quel periodo ero sotto le armi come sottufficiale di marina. Ero all’Esma. Ma non svolgevo funzioni di “anti terrorismo” e mi sono congedato nel 1979: sono stato messo in riserva e per fortuna non venni richiamato per le Falkland. Credo che le responsabilità di ciò che avvenne in quel periodo siano da ricercarsi altrove. Molte erano le figure discusse, già allora, fra i cappellani militari della marina e dell’esercito, che nella migliore delle ipotesi tacquero, senza fare nulla. In altri casi fiancheggiarono il regime. Non ho mai sentito parlare di Bergoglio in quel periodo».
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