Il jazz secondo Cerino e Marangoni

Il duo pubblica (S)confini, nuovo cd distribuito da Egea Music. Da Schumann a Poe, da Ellington a Dick: un viaggio surreale tra letteratura e musica

Il confine, se esiste, non ha occhi. Solo accenti, consonanze, pause. E suoni o rumori. Un calcio al silenzio. Una porta sul tempo perduto. Un prendersi in giro, seriamente: senza confini. Ciò che l’uomo dice e ascolta, è fatto di linee di intersezione. Ci sono dimensioni che si completano solo separandosi l’una dall’altra: un tema che si sdoppia (KindeRobert), un ritmo che si raddoppia (Take Five…or Seven?). Una musica che ricorda (Les Feuilles Mortes) ed una che aiuta a dimenticare (Renascemur). Insieme, tutte e due tracciano il confine ideale dove si è in pace con se stessi. Alessandro Cerino (composizione, arrangiamento, sax, flauto e clarinetto) e Alessandro Marangoni (pianoforte) pubblicano “(S)confini” (distribuzione Egea music) per rimarcare il concetto che nella musica non si pensa in termini di separazioni ma di condivisioni, stratificazioni e metamorfosi. E’ così che Cerino ha pensato al cd “I colori delle stagioni” (le “Quattro stagioni” di Antonio Vivaldi in chiave jazz) e Marangoni ha rivitalizzato i suoi studi classici – con Maria Tipo e Pietro De Maria alla Scuola di Musica di Fiesole – scomponendo la tradizione in piccoli pezzi improvvisati. Con alle spalle le composizioni per pianoforte di Victor de Sabata, l’Improvviso di Nino Rota, i “Peches de Vieillesse” di Gioachino Rossini e quella summa cerebrale di esercizi “da concerto” del Gradus ad Parnassum di Muzio Clementi. Dunque, (S)confini nasce da qui. Dalla disciplina dello scoordinamento musicale appositamente organizzato. Robert Schumann a gambe all’aria, Paul Desmond con il “Take five” che diventa sette, il montaggio musicale sulla letteratura di Philip Dick, l’”Improvvisa Mente” che scomoda il Vangelo (e pone un serio interrogativo), il “Pendulum” di Edgar Poe e la raccolta di brani di Duke Ellington. Che ellingtoniani lo sono nella voracità, nella trasparenza e nella carnalità armonica. Non c’è scopo nella musica se non ritornare sui suoi passi e scoprire se, durante il tragitto, si è perso un accordo di cui nessuno si è accorto. Ecco, (S)confini è tutto ciò che ci conduce ad un nuovo inizio. Nell’intelligenza artistica di Cerino e Marangoni troviamo linee che sono state cancellate e che, ora, si sovrappongono per disegnare intrecci di sofisticato virtuosismo. Melodie svolazzanti, pertugi malinconici, missioni impossibili tra l’estetica dell’avanguardia e un jazz che scompare in se stesso per partorire una musica sconosciuta e terribilmente affascinante.

Davide Ielmini 

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 26 Aprile 2013
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