Omicidio D’Aleo, ergastolo per Italiano

E' stato condannato anche il terzo componente (gli altri erano Vizzini e Nicastro) del gruppo che nel 2008 ha ucciso e occultato il cadavere di Salvatore D'Aleo, il picciotto accusato di aver violato le regole del gruppo. Soddisfazione dei familiari

La Corte d’Assise del Tribunale di Busto Arsizio ha condannato all’ergastolo Emauele Italiano (a sin.) per l’omicidio di Salvatore D’Aleo, il giovane scomparso il 2 ottobre del 2008 e ritrovato solo nell’estate dello scorso anno sepolto malamente sulle rive del Ticino nel comune di Vizzola. Per il suo assassinio erano già stati condannati Rosario Vizzini e Fabio Nicastro, rei confessi e principali accusatori di Italiano, definito il killer del gruppo mafioso che ha operato a Busto Arsizio e dintorni a partire dagli anni ’80 fino al 2011 quando prima l’operazione Fire Off e poi quella denominata Tetragona hanno smantellato le cosche che agivano tra Gela e Busto Arsizio con traffico di droga, armi ed estorsioni agli imprenditori gelesi a Busto.

Il dispositivo di sentenza letto dal presidente Toni Adet Novik non ha lasciato spazio ad attenuanti, ergastolo con un anno di isolamento come richiesto dal pubblico ministero Giovanni Narbone che ha condotto una requisitoria dettagliata e durata oltre due ore ricollegando tutti i fili della vicenda dell’omicidio del picciotto: «D’Aleo è stato ucciso con due colpi di pistola e un coltello – ha detto Narbone – nonostante i resti del cadavere del povero D’Aleo fossero ormai ridotti ad un mucchio di ossa la ricostruzione del medico legale dottoressa Cattaneo è stata precisa e puntuale». Secondo Narbone l’alibi di Italiano non è credibile: «Chi ha un alibi non attende sei mesi prima di tirarlo fuori – ha spiegato – e non è credibile il fatto che per tutto quel tempo l’imputato sia rimasto all’oscuro delle accuse che gli venivano rivolte dalla Polizia Giudiziaria».

L’avvocato Alberto Talamone ha condotto un’arringa appassionata nonostante si trattasse di un patrocinio gratuito e ha concluso dopo due ore, sfinito: «D’Aleo è stato ucciso da Nicastro e Vizzini, accusano Italiano per ottenere sconti di pena o trattamenti carcerari più leggeri – ha sostenuto – quel ragazzo non è stato ucciso a Vizzola Ticino ma sulla 336, come racconta Bernascone, e poi sepolto a sulle rive del Ticino. L’alibi di Emanuele Italiano è credibile anche se non confermato da testimonianze precise». Talamone ha citato Oscar Wilde e Martin Luther King ma non è riuscito a convincere i giudici Novik e Bossi e nemmeno la giuria popolare.

Soddisfazione per la condanna da parte dei familiari di D’Aleo, a partire dalla madre Crocifissa che si è presentata in aula nel consueto abito nero del lutto ma con la foto di Salvatore tra le mani. La corte ha disposto anche un risarcimento da 180 mila euro per lei e 80 mila euro per ogni fratello e sorella mentre sono state fissate a 30 mila euro le spese legali. Cifre astronomiche che Italiano, il quale si dichiara nullatenente, non riuscirà probabilmente a pagare ma per la famiglia D’Aelo ci sarà la possibilità, una volta passata in giudicato la sentenza, di ottenere ristoro parziale attraverso il fondo di rotazione per i familiari delle vittime di mafia.

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Pubblicato il 16 Aprile 2013
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