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A Santa Maria delle Grazie l’indagine su Bramante e Leonardo
Chiesa gremita per la presentazione di "Forestieri a Milano", pubblicato dalla casa editrice bustocca Nomos
Facebook avrebbe reso tutto molto più semplice. Ma per documentare un’amicizia, stretta negli anni del Rinascimento, occorre addentrarsi in una ricerca molto più complicata. Una vera e propria indagine. Come quella che Simone Ferrari e Alberto Cottino hanno costruito attorno a due personaggi celeberrimi di quegli anni, Leonardo Da Vinci e Donato Bramante. La tesi degli studiosi è raccolta nel volume "Forestieri a Milano", pubblicato dalla casa editrice bustocca Nomos. Il libro è stato presentato giovedì 6 giugno nella splendida cornice di Santa Maria delle Grazie, luogo dovuto, in quanto potrebbe essere proprio quello che favorì il rapporto, e secondo gli autori, l’avvio di una virtuosa collaborazione tra i due artisti. I ricercatori, ha premesso Alessandro Rovetta, dell’Università Cattolica di Milano, «si sono addentrati in un argomento molto dibattuto. Ma lo hanno fatto in modo onesto cercando di districarsi nel ginepraio di studi condotti in questa materia. Ne emergono alcuni spunti interessanti: la tesi dell’incontro tra Bramante e Leonardo ma anche gli intrecci con altri artisti "onnivori" di arte e cultura che in quegli anni lavoravano a Milano o erano entrati in contatto con i due pittori rinascimentali».
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Come in ogni indagine che si rispetti anche in questo caso gli indizi sono celati nei particolari. Alcune decorazioni di Leonardo richiamerebbero infatti le "ghirlande" di un suo illustre "collega". Certo non una copia ma piuttosto una rielaborazione. «Leonardo – spiega Cottino – nelle lunette del cenacolo ci dimostra di aver osservato Mantegna. Ed è un’ipotesi tuttavia credibile, conoscendo il personaggio: arriva a Milano come artista alla corte di Ludovico il Moro, si avvia ad affrontare un’esperienza nuova. Quindi è verosimile che, un genio basato sulla cultura, sia andato prima a osservare quanto di meglio c’era in quel momento in materia di pittura di corte. E la Camera degli sposi era considerata la più bella dell’epoca. Leonardo a sua volta ha trasmesso un nuovo modo di vedere le cose: con i suoi studi botanici e la rappresentazione dal vero della natura anticipa quanto avverrà cinquant’anni più tardi, ad esempio con Caravaggio».
«Quella che abbiamo cercato di offrire al lettore è solo la nostra interpretazione – ha aggiunto Simone Ferrari -. Sappiamo che su questi temi c’è un confronto ancora aperto e anche molto animato tra i critici e gli studiosi. Quello che però ci sentiamo di riconoscere con convinzione è la presenza di quella che si potrebbe definire un’affinità settentrionale. Il Rinascimento lombardo è qualcosa di diverso da quello fiorentino, è diverso. Non c’è più il primato del disegno e inizia ad esserci una confusione tra pittura scultura e architettura. Questo darà il via a Bramante». Nel libro si affronta e si documenta quella che oggi verrebbe chiamata "contaminazione" di arti, tradizioni e anche culture. Ma anche la virtuosità di un’immigrazone (non a caso il titolo del volume richiama ai "forestieri") che portò bellezza, ricchezza e innovazione.
Leggi anche – Bramante e Leonardo, migranti del Rinascimento
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