Il Castello di Rozafa vince il sondaggio di Intercultura
Il sacrificio di una moglie e madre ha conquistato la gran parte dei lettori che hanno partecipato al sondaggio. Giovedì 26 la storia verrà letta in molte scuole dell'infanzia
Il sacrifico di una moglie e il suo amore per il figlio sono indubbiamente i vincitori del sondaggio proposto dalla Fondazione Intercultura in occasione della Giornata GEDI che si svolgerà il prossimo 26 settembre.
La fiaba popolare albanese raccontata dallo studente Samet ha ottenuto oltre 30 preferenze, staccando le altre fiabe, pur apprezzate, di altre tradizioni popolari. Undici le storie provenienti da diversi paesi del mondo sono stati proposti dalla Fondazione che si occupa di inviare studenti italiani in altri paesi e di accogliere ragazzi stranieri per favorire il dialogo multiculturale.
Il Castello di Rozafa sarà letto giovedì prossimo in molte scuole dell’infanzia della provincia e durante l’incontro che si svolgerà alle 19 nella sede dei Mediatori linguistici di via Cavour a Varese, questa volta in lingua originale.
Da parte della Fondazione Intercultura un grazie a quanti hanno voluto leggere e votare le storie e l’invito a partecipare all’incontro di giovedì in cui si parlerà di "Pueri….culture, fiabe nel mondo" con la psiopedagogista Daniela Cosco.
Ecco la storia vincitrice:
Tanto tempo fa, sulla collina a ridosso della città di Shkodra, c’erano tre fratelli intenti a costruire un castello che fosse il più bello e imponente della regione. Accadeva però che le mura che costruivano di giorno, di notte inspiegabilmente crollavano, così non riuscivano mai a finire il castello.
Un giorno passò di lì un vecchio che disse loro: “Buon lavoro!”
“Grazie buon vecchio, ma il nostro lavoro non è così buono, perché di giorno costruiamo e di notte tutto crolla. Sai dirci qualche buona parola? Cosa possiamo fare per tenere su le mura?”
“Io lo so – disse il vecchio – ma voi non dovrete farne parola a nessuno, neanche alle vostre spose.”
Dopo che i fratelli promisero che non avrebbero accennato dell’argomento neanche alle loro mogli, il vecchio ricominciò a parlare: “Allora vi spiego cosa dovrete fare: la moglie di uno di voi, colei che domani verrà a portarvi il cibo, dovrà essere murata viva nel castello. Allora vedrete che le mura si alzeranno e resteranno su per sempre.”
Ciò detto, il vecchio sparì e i tre tornarono a casa affranti e depressi, perché nessuno di loro voleva che la propria moglie fosse quella sacrificata.
I due fratelli maggiori non mantennero la promessa e rivelarono tutto alle loro spose, alle quali vietarono di portare il cibo l’indomani. Solo il fratello minore mantenne la promessa e non raccontò nulla a sua moglie.
Il giorno dopo, al mattino, i tre andarono come al solito a costruire il castello. All’ora del pranzo, la loro madre chiese alla prima nuora di portare da mangiare ai tre fratelli, ma lei si lamentò di stare male e che per questo non poteva andare. Lo chiese allora alla seconda, che rispose di non poterlo fare, perché doveva andare a trovare sua madre. Si avvicinò infine alla terza, la più giovane, e le chiese: “Figliola, i ragazzi hanno bisogno di pane, acqua e vino, vai tu a portarglieli?”
“Signora madre – disse la nuora – io andrei, ma il mio bambino sta piangendo e ha bisogno di me.”
Le due cognate intervennero e per convincerla ad andare le assicurarono che si sarebbero occupate loro del bimbo. Così lei prese il pane, l’acqua e il vino, baciò suo figlio sulle guance e s’incamminò.
Quando arrivò sul posto, salutò i ragazzi, i quali si fermarono immediatamente dal lavorare. Le loro facce impallidirono e al marito della ragazza, dallo sconforto, cadde il martello dalla mano.
La moglie incuriosita gli chiese : “Che ti succede mio signore? Perché maledici le mura?”
Rispose uno dei fratelli: “Mi sa che sei nata in un giorno sfortunato! Dobbiamo murare viva la ragazza che oggi ci avrebbe portato il cibo, perché solo in questo modo il castello non crollerà più.”
Comprendendo la necessità del suo sacrificio, la donna accettò la sua sorte ma espresse un desiderio:
“Vi voglio chiedere una cosa: quando mi murerete, dovrete lasciarmi fuori l’occhio destro, la mano destra, la gamba destra e la mammella destra. In questo modo quando mio figlio piangerà, con un occhio lo vedrò, con la mano lo accarezzerò, con la gamba farò dondolare la culla e con la mammella lo allatterò. Mi auguro che il mio corpo diventi roccia, che il castello non crolli mai e che mio figlio, quando sarà grande, diventi re.”
I fratelli murarono la sposa nelle fondamenta del castello rispettando le sue volontà. Le mura non crollarono mai più, nè di giorno nè di notte e suo figlio divenne re.
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