“Ospedali piccoli, o si specializzano o verranno chiusi”

Sul dibattito avviato in merito alla riforma della sanità in Lombardia, interviene il capogruppo del PD Alfieri che spiega le loro proposte e l'importanza

«È una riforma importante che richiederà un grande lavoro di confronto e di valutazione. Alla fine, però, le decisioni andranno prese dalla Politica e calate sul territorio: non si potrà cedere al ricatto dei singoli». Alessandro Alfieri, capogruppo del PD in Regione Lombardia, spiega quale sono le modalità operative che si è dato il suo gruppo, consapevole, comunque, che domani, giovedì 26 settembre, il governatore Maroni e l’assessore Mantovani presenteranno le proprie linee guida su cui poi si lavorerà.

 
« Noi abbiamo già avviato un confronto con i diversi attori del territorio. Un incontro con gli amministratori, un tavolo con gli operatori e un forum ( a breve) dove i cittadini possono intervenire con richieste, critiche e suggerimenti. Il dialogo è fondamentale in questo momento per ripartire da una legge che segna il passo e che ha creato una situazione non più sostenibile. Parlo, per esempio, della richiesta di trasparenza che arriva da più parti. In questi giorni i magistrati stanno spiegando come si siano sprecati 200 milioni di euro in un sistema spesso poco trasparente e fumoso».
 
Il primo pensiero di Alfieri è il rapporto pubblico privato da riequilibrare: « Non dovrà più essere un rapporto ma un apporto. Le strutture del sistema sociosanitario regionale dovranno, tutte garantire la stessa qualità ed efficienza economica. Questo può funzionare solo con regole del gioco uguali per tutti, visto che la sanità privata accreditata nella nostra regione riceve la gran parte del finanziamento proprio dal pubblico. Stessi criteri di accreditamento e stessi doveri di trasparenza nei confronti della regione, stessi obblighi rispetto alle politiche del personale».
 
L’esempio arriva subito all’ultimo stanziamento deciso per abbattere le liste d’attesa: « Sono finanziamenti che arrivano soprattutto ai privati, mentre noi saremmo stati favorevoli a una diversa distribuzione. Le maggiori entrate avrebbero dovuto coprire i costi degli straordinari per il personale dei presidi pubblici per fa funzionare i macchinari sino alle 19 o alle 24. In questo modo si mette pubblico e privato sullo stesso piano, che è poi un piano che favorisce il cittadino costretto spesso a chiedere permessi per eseguire esami in orario lavorativo». L’esempio è quello della risonanza magnetica del Galmarini a Tradate: « È un macchinario sotto utilizzato anche a causa dell’importante concorrenza privata nella zona».
 
Confronto e dialogo sono decisivi anche per ridisegnare la mappa ospedaliera regionale: « Non si può partire, come ha fatto il presidente Rizzi nella sua proposta, dalla chiusura di aziende sanitarie o ospedaliere in base alla necessità di premiare dirigenti amici. Oppure, com’è stata invece la proposta del PdL, mirare a una difesa corporativa della politica formigoniana degli ultimi 20 anni. Il confronto, in questo campo, è importantissimo perchè la gente deve condividere l’idea che è meglio avere pochi ospedali di eccellenza a cui rivolgersi con fiducia, anche se distanti, e piccoli centri, che forniscono prestazioni di base o specializzati nella cronicità o nella riabilitazione. Piuttosto che avere tutto dappertutto senza garanzia di qualità e con un dispendio di soldi non più sostenibile dobbiamo avviare il modello detto “hub and spoke”».
 
Alessandro Alfieri ha già qualche idea: « Angera, Cuasso, Somma, Cittiglio: sono tutti presidi improntati sulla cronicità. Si dovrà trovare, per ciascuno di loro, una nuova vocazione mirata per non correre il rischio che arrivi da Roma un decreto di chiusura senza alternativa. Il discorso dovrà essere di ampio spettro: Somma è talmente vicina a Gallarate che non sarà più sostenibile la sua natura di ospedale multi specialistico. Il territorio della Valceresio dovrà chiarire bene quali sono le sue necessità per capire come utilizzare Cuasso. È finito il tempo di tutto ovunque, a livello nazionale non è più accettabile: è meglio, dunque, che il territorio si organizzi in modo responsabile per non perdere i suoi servizi fondamentali».
 
Anche a livello di aziende ospedaliere c’è qualche distorsione a cui porre rimedio: « In un’area geografica molto limitata ci sono tre aziende ospedaliere: Gallarate, Busto e Legnano sono ancora sostenibili?  Io pongo la domanda al territorio perchè valuti in maniera responsabile gli scenari futuri e sostenibili».
 
Profondo rinnovamento dovrà anche riguardare il territorio: « Oggi io mi sento spesso dire che il servizio di guardia medica funziona male. Pochi ne usufruiscono, si preferisce il pronto soccorso. Allora sarebbe meglio passare a sistemi di cooperazione tra medici, che garantiscano tutti gli orari: la proposta del Ministro Balduzzi andava in quella direzione e forse può essere un modello su cui lavorare».
 
Il futuro delle Asl, infine, potrebbe cambiare notevolmente: « Più che di chiusure, noi preferiremmo parlare di compiti. A livello regionale potremmo anche condividere l’esistenza di una sola azienda che si incarichi delle funzioni di direzione e controllo. A livello territoriale, però, bisogna investire sui servizi e le funzioni: dai Sert, con tutte le dipendenze di cui abbiamo notizia, alle campagne di prevenzione e screening, al potenziamento della cultura dalle scuole con gli stili di vita, alla creazione di un’assistenza per il mondo della psichiatria oggi molto nebulosa e divisa tra responsabilità sanitarie e ospedaliere. Più che il numero di aziende, a noi interessa capire le funzioni e le azioni da potenziare sul territorio».
 
Un progetto ampio che richiederà grandi dibattiti: « Io non mi spavento del lavoro e non mi faccio prendere dall’ansia del tempo. So che è una riforma importante perchè riguarda un campo delicato. Meglio chiarire bene ogni aspetto che fare una cosa raffazzonata da poter varare entro fine anno quando ci saranno le nomine».
 
E tra progetti e idee, il Pd si prepara alla battaglia per i ticket, ci sono due miliardi di euro che ballano per la copertura della spesa: « Noi troviamo ingiusto far ricadere a pioggia i costi della compartecipazione alla spesa. Ci sono cittadini che possono e altri che non possono. Sarebbe auspicabile che si introducessero tetti ed esenzioni in base al reddito: chi non guadagna più di 30.000 euro, non può sobbarcarsi i costi sanitari». 

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 25 Settembre 2013
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