Lega, congresso bloccato per condizionare Salvini

I retroscena di quanto accaduto ieri mattina nella Lega Nord. Una parte del movimento non vede di buon occhio la successione del leader milanese a Roberto Maroni

E’ Matteo Salvini il nodo attorno al quale ruota il pasticcio accaduto domenica al congresso cittadino della Lega Nord. Il leader milanese, sostenuto da Roberto Maroni nella corsa alla segreteria federale, viene segretamente avversato da una parte del partito a Varese e Bergamo, nelle province storiche del leghismo militante. Qual è la contestazione che una parte della militanza muove? Salvini, secondo una parte della Lega di Varese, sarebbe un po’ distante dall’Insubria: avrebbe come nocciolo duro della sua catena di comando il Movimento giovanile nazionale e i leghisti di Milano. Sarebbe dunque un centralista, poco diplomatico. Il rilievo politico, che parte da lontano, nascerebbe anche dal modo con cui il delfino di Maroni ha gestito la segreteria regionale (che i leghisti chiamano nazionale) ovvero la guida della Lega Lombarda. Il paragone è con Giancarlo Giorgetti, che aveva ricoperto quel ruolo in precedenza. L’attuale capogruppo alla camera aveva l’abitudine di includere tutti nella stanza dei bottoni, passando addirittura per democristiano, mentre Salvini sarebbe considerato dai leghisti insubri un po’ settario nella gestione del potere. Si tratta ovviamente della ricostruzione di una parte; la parte che ha mandato a monte il congresso di Varese. Gli estimatori di Salvini non la pensano così. Il segretario cittadino Marco Pinti, ad esempio, vicinissimo al leader milanese, vede invece in quello che accaduto più un problema di rivalità personali che altro.

IL CONGRESSO DI VARESE E’ SALTATO 
Comunque sia, il congresso di Varese è stato boicottato da quasi metà dei militanti ed saltato anche perché una fetta della Lega del Varesotto ha voluto inviare un messaggio, non tanto a Maroni, quanto allo stesso Salvini
, e cioè che dovrà tenere conto dei territori pedemontani, orgogliosi di quel leghismo del contado, con accenni ideologici del tutti peculiari. A livelo nazionale, i candidati alla successione di Maroni hanno tempo fino a giovedì per raccogliere mille firme, nelle segreterie provinciali. Non è un’operazione semplice, e secondo i dati che trapelano dalla Lega di Varese, Salvini nelle province pedemontane sarebbe sì in testa nella presentazione delle firme, ma sotto il 50%; attestato sul 40%, mentre il restante 60% sarebbe diviso tra l’emiliano Bernardini, il bergamasco Stucchi, Umberto Bossi e la candidatura outsider di Roberto Stefanazzi, un istrionico studioso di araldica che, anche nell’estetica, ricorda un bardo medievale.
Salvini, probabilmente, vincerà il congresso ma ora sa che dovrà tenere conto di alcune variabili. Nella Lega di Varese convivono almeno tre anime. Da una parte i maroniani osservanti, quelli che rispondono a una catena di comando che è stata premiata anche con incarichi in regione Lombardia (accenno polemico che trapela soprattutto dalle pagine facebook dei militanti). Questi ultimi avrebbero preferito andare lo stesso al voto domenica mattina e hanno giudicato sbagliata la scelta del segretario provinciale Matteo Bianchi di avallare il rinvio del congresso. Vi sono, poi, quanti hanno condiviso la scelta dei militanti che hanno disertato il voto congressuale di Varese; si tratta degli ex Barbari sognanti e di Terra Insubre, categorie che spesso coincidono. In terzo luogo, tra quelli che hanno colto l’occasione per chiedere una pausa di riflessione, vi sono anche gli altri militanti, neo bossiani. Il risultato è stato quello di mostrare una balcanizzazione della Lega e di lanciare un segnale preciso ai vertici.

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Pubblicato il 25 Novembre 2013
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