“Il Congo ci darà i nostri figli. Sappiamo aspettare”

Mara Gorini, una delle 24 mamme italiane rientrate in Italia senza i figli adottivi, è forte e determinata: "Sifa arriverà, ne sono certa. Questa vicenda finirà bene"

Mara Gorini è una delle 24 mamme italiane tornate a casa senza i propri figli adottivi: il governo della Repubblica Democratica del Congo ha deciso di non far partire i bambini prima di aver effettuato ulteriori verifiche sulle richieste di adozione già avviate, anche su quelle già approvate. Così la piccola Sifa, 3 anni (nella foto a destra), è rimasta in Africa, mentre la sua mamma e il suo papà aspettano che si sblocchi la situazione dall’Italia, da Sumirago. Il marito di Mara, Matteo Galbiati, tornerà a casa a Caidate nelle prossime ore, mentre la bimba rimarrà nel centro che ha ospitato la sua nuova famiglia (papà, mamma e i due fratellini di 7 e 10 anni) per due lunghi mesi trascorsi a Kinshasa. Abbiamo chiesto a Mara Gorini, assessore alle Politiche Sociali ed Educative del Comune, di raccontarci come ha vissuto e come vive questa situazione densa di tensioni e incognite: abbiamo trovato una donna forte, con una Fede granitica e con un ottimismo ferreo nel futuro.

Ci racconti intanto chi siete e perchè avete scelto proprio il Congo per adottare vostra figlia.

«Io e mio marito siamo sposati da 14 anni. Abbiamo altri due figli adottati, una in Italia e uno in Vietnam, di 10 e 7 anni. Non siamo quindi degli sprovveduti. Abbiamo affrontato un lungo iter per essere accettati come genitori adottivi: una delle forze del sistema italiano, uno dei migliori del mondo in materia, è proprio la protezione dei minori attraverso la scelta attenta dei potenziali genitori. Non abbiamo scelto il Paese dove adottare, ma l’ente, basandoci su due principi: il livello di cooperazione e la verifica dello stato di reale abbandono dei bambini da adottare. Ci siamo affidati alla Enzo B. onlus, la stessa con la quale abbiamo adottato il nostro secondo figlio in Vietnam: sul Paese non abbiamo posto vincoli. Ci è stato proposto il Congo, un Paese nel circuito delle adozioni internazionali da anni e dove l’associazione lavora dal 2008, e abbiamo accettato».

Quanto ci avete messo per avviare la pratica?
«Circa  2 anni. Per ogni adozione si ricomincia da capo ed è giusto così. La bambina, Sifa, ci è stata abbinata nel novembre 2012, ma abbiamo atteso d’accordo con l’associazione che ci ha seguito e con la commissione adozioni internazionali che il Congo verificasse l’iter. Dopo dodici mesi abbiamo avuto il via libera per andare a prenderla e il 4 novembre siamo partiti insieme agli altri due bambini, che sono stati con noi per tutto il tempo».

Una volta là, però, sono sorti i primi problemi…
«Sapevamo che il Congo aveva bloccato per un anno le adozioni internazionali, una scelta legittima che uno Stato sovrano ha preso per tutelare i suoi cittadini. Le nostre schede erano però già state autorizzate e così siamo andati con grande fiducia a Kinshasa. Le prime due settimane c’era ottimismo, poi sono sorti i primi dubbi fino alla presa d’atto che le firme sui nullaosta dei bambini non sarebbero state messe».

A Kinshasa dove vi siete sietemati? E dove rimarrà la bambina fino alla conclusione (speriamo positiva e rapida) della vicenda?

«Siamo stati in una struttura religiosa che ci ha in sostanza affittato le camere. Non potevamo uscire dal centro, gli uomini andavano una volta al giorno a prendere da mangiare, mentre con le famiglie siamo rimasti nella struttura in un ambiente molto rispettoso della privacy di ogni famiglia. Noi eravamo gli unici con altri due figli al seguito, ma per tutto il tempo c’è stato un clima sereno e senza toni sopra le righe».

Quando avete capito che qualcosa non funzionava?

«A fine novembre, quando lo stallo si è manifestato. Poi sono cominciati i contatti con l’ambasciata e con il Ministero, fino a Natale, quando l’ipotesi di una soluzione rapida è sfumata. Ci hanno consigliato di tornare in Italia e lasciare i bambini in Congo e, seppur a malincuore, abbiamo deciso di rientrare. Le autorità congolesi ci hanno consentito di scegliere il posto dove lasciare i nostri figli: Sifa è nella struttura che ci ha ospitato in questi mesi».

Eravate in Africa con gli altri vostri due bambini. Come hanno vissuto la situazione?
«In modo molto maturo, anche se sono piccoli. Quando ci è stata prospettata l’ipotesi di tornare a casa, tutti e due hanno detto che senza sorellina non volevano tornare. Una sera, dopo un breve consulto tra loro, sono venuti da noi e ci hanno detto: “Noi stiamo qui con Sifa anche se facciamo fatica”. Una cosa molto bella. Quando siamo stati “costretti” a rientrare lo abbiamo fatto in maniera soft: io e i bambini siamo tornati il 31 dicembre, mio marito lo farà a brevissimo, per non lasciare Sifa da sola di botto».

Il rientro com’è stato?
«I primi giorni sono stati duri. Non è stato il rientro che avevamo sognato o immaginato. Stiamo cercando di tornare ad una “normalità” sospesa, senza disperazioni, vivendo le cose giorno per giorno con gioia. I bambini mi sembrano sereni, stanno recuperando i loro spazi piano piano. Io tornerò al lavoro tra poco, mio marito quando tornerà dovrà reinventarsi un’occupazione: ha un’agenzia di rappresentanza, servirà un po’ per ritrovare il passo».

Vista da fuori, emerge una grande forza interiore che indubbiamente vi ha aiutato e vi aiuta a guardare le cose con uno sguardo positivo e carico di speranza…
«Sia io che Matteo crediamo profondamente in Dio. Lo facevamo prima, lo facciamo adesso e lo faremo un domani. La nostra Fede non è una stampella che ci aiuta nella difficoltà, è una certezza che ci accompagna. Nella difficoltà c’è il gusto di passare il tempo e viverlo con più bellezza, bontà e verità tra di noi e con i nostri amici. Quelli veri hanno capito la situazione e le mie necessità: poche parole, una teglia di pasta al forno e la dimostrazione di un sentimento che necessita di cose semplici. Sifa arriverà, questa vicenda finirà e finirà bene, ne sono certa. C’è l’incognita tempo faticosa da sopportare, ma non ho dubbi».

Avete dato vita ad una raccolta fondi per aiutare i bambini e le strutture dove sono ospitati. Di chi è stata l’idea?
«È stata un’idea mia, in tanti mi chiedevano cosa poter fare per aiutarci. L’unica cosa, oltre a credere nella bontà del lavoro della diplomazia, è un gesto concreto: là serve tutto, per garantire ai nostri bimbi di vivere al meglio e senza preoccupazioni c’è bisogno dell’aiuto di molti».

Di seguito gli estremi per donare

Banca Prossima
IBAN IT38X0335901600100000003660
intestato a Associazione ENZO B Onlus, Via O. Vigliani 104, 10135 Torino
Causale: "UN AIUTO ALLE CONGO FAMIGLIE
” 

Redazione VareseNews
redazione@varesenews.it

Noi della redazione di VareseNews crediamo che una buona informazione contribuisca a migliorare la vita di tutti. Ogni giorno lavoriamo cercando di stimolare curiosità e spirito critico.

Pubblicato il 12 Gennaio 2014
Leggi i commenti

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.

Segnala Errore

Vuoi leggere VareseNews senza pubblicità?
Diventa un nostro sostenitore!



Sostienici!


Oppure disabilita l'Adblock per continuare a leggere le nostre notizie.