“Bach è Bach e Dio è Dio: io credo in entrambi”

Intervista alla celebre pianista Anna Gourari. Flessuosa e malinconica, l’artista russa applica l’improvvisazione solo alle emozioni. Di Davide Ielmini

A sei anni si presenta, per la prima volta, in un concerto pubblico. A ventidue, nel 1994, si aggiudica il primo premio al concorso internazionale Clara Schumann a Duesseldorf: in giuria siedono Martha Argerich, Alexis Weissenberg, Vladimir Ashkenazy. Oggi, poco più che quarantenne, Anna Gourari ha catturato le più grandi platee mondiali con un pianismo fatto di fondali oscuri e orizzonti interiori. Flessuosa e malinconica, l’artista russa applica l’improvvisazione solo alle emozioni. Non è jazz, la musica di Anna. Eppure nel programma di “Canto Oscuro”, cd prodotto dalla Ecm nel 2012, Johann Sebastian Bach, Sofia Gubaidulina e Paul Hindemith si re-inventano in un rondò di suoni – ciò che rappresentano al di là della musica – che non sempre sono scritti. Anna Gourari, ligia alla partitura, è pianista di tatto e passione. Rispettosa tanto del lavoro del compositore quanto di quello dell’interprete che, di fronte alle note, può e deve destare interesse e coinvolgimento per raccontare, attraverso la vita degli altri, anche la propria.

Maestro, nella sua musica c’é una sorta di inevitabilità nei confronti della vita. Qualcosa contro cui non si può combattere ma che deve essere semplicemente accettato?
«Questa è una prospettiva interessante, anzi…mi piace. E sono d’accordo ci sia una certa inevitabilità nella vita, così come nella musica. Tuttavia, credo sia molto difficile, anzi impossibile, entrare in questa sfera con parole o concetti. La mia forte sensazione è che la musica è lì, o non lo è. Non servono parole per capire la musica perché va ben oltre l’analisi, musicologica o altro. L’analisi può essere molto interessante, e a volte è davvero essenziale, ma la musica arriva da qualche altra parte e va da qualche altra parte. Un momento magico, questo, che esiste quando si avverte il bisogno di fare decollare le “cose” e creare un’altra dimensione, o un altro mondo, dove le parole non hanno più alcun significato. A questo riguardo, uno fra i più grandi complimenti che ho ricevuto è stato quello di Werner Herzog, quando una volta mi scrisse in una lettera: “Tu non suoni la musica, tu SEI la musica…».

Lei suona con tale passione e profondità come se un giorno la musica dovesse finire. Potrebbe mai accadere?
«Si può certamente dire che la musica è divina e quindi eterna, sapendo che non c’è tempo nell’eternità. Tuttavia, non ho mai pensato che un giorno la musica dovesse finire. So che uno degli aspetti mistici della musica è che questa può fermare il tempo, o portarlo in un’altra dimensione ancora una volta inspiegabile. E’ come se l’ascoltatore trovasse l’eternità nel momento dell’ascolto e dell’essere. Ma forse questa è solo un’illusione».

Bach, nella sua interpretazione, é impreziosito da un pensiero essenziale, minimalista eppure quasi romantico: é così?
«Questo lo si deve principalmente alle meravigliose trascrizioni di Busoni, che lasciano che la musica di Bach respiri questo sentimento "romantico". L’essenzialità, tuttavia, implica una certa restrizione o un certo minimalismo: un qualcosa che vorrei sempre applicare alla musica di Bach».

“Canto Oscuro” é costruito su due Ciaccone: quella di Bach e quella della Gubaidulina. Cosa accomuna i due brani?
«Oltre alla sua grande ammirazione per Bach, mi sembra ovvio che la Gubaidulina – quando ha composto questo suo straordinario pezzo – fosse ben consapevole della trascrizione di Busoni. Quindi, mi é sembrato naturale abbinare questi due grandi brani su un unico cd. Un sogno che nutrivo da tempo e che ho potuto realizzare grazie alla collaborazione con Manfred Eicher. E’ lui ad aver immediatamente capito questa mia esigenza e ciò che volevo dire con questa scelta. L’intera struttura e l’ordine del cd sono basati su un’idea: la simmetria fantastica che nasce dal porre queste due Ciaccone come pilastri dell’incisione. Unite agli altri brani, le Ciaccone danno vita ad un viaggio musicale, ed emozionale, attraverso i secoli e attraverso i diversi approcci alle forme musicali ispirate dal barocco».

Potremmo dire che Bach è la musica della mente, Hindemith quella del corpo e la Gubaidulina, probabilmente, la musica della ricerca della pace. Quale é la musica dell’anima, e quale il compositore che più la rappresenta?
«Nella musica nessuno dovrebbe distinguere tra mente, corpo e anima. Per me, la musica trascende tutti e tre gli aspetti in uno stato superiore di coscienza. Quindi, penso che la musica di Bach sia romantica così come quella di Schumann. Una fuga di Bach, mistica come una Sonata di Skrjabin! Se non sono necessarie, non si devono trovare differenze. Un altro discorso vale per chi, attraverso le differenze, cerca invece un’illuminazione dettata dalla dialettica e dall’analisi».

Quale è il significato del titolo “Canto Oscuro”: oscurità come mistero o oscurità che rivela e protegge? Sembra che in lei non ci sia alcun significato “dark”; nulla di negativo: che ne pensa?
«In effetti, non c’è nulla di negativo, anche se non escludo questo termine. Durante la riproduzione del brano di Hindemith, per esempio, la mia immaginazione evoca spiriti oscuri che si riferiscono alla Germania degli anni Venti del secolo scorso. Eppure, il buio può anche essere mistero e piacere: insomma, ha molti colori!»

Possiamo raggiungere la redenzione umana attraverso la musica?
«Domanda difficile! Penso che la musica, e l’arte in generale, possano aiutare l’essere umano in diversi modi. Ma come in molte altre situazioni della vita – anche quelle che portano al bene – è l’individuo a doversi muovere e a dover operare».

C’è melodia anche nel contrappunto?
«Certo! Per me non c’è quasi nulla che non dovrebbe essere melodia o melodico!
Crede nel ruolo dell’artista come coscienza critica della società?
Sì. In un mondo ideale, ogni singola persona dovrebbe essere parte di una coscienza critica della società, indipendentemente dal suo essere artista o meno. Portare le persone ad essere critiche, sembra essere una delle più grandi sfide del nostro tempo. Ma una vita troppo comoda, probabilmente, non evoca spiriti critici … purtroppo».

Glenn Goul diceva: “Io credo in Dio, nel Dio di Bach”. Cosa è, per lei, Bach?
«Bach è Bach e Dio è Dio: io credo in entrambi».

Come definirebbe la libertà in musica?
«Conoscere i propri limiti!»

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 25 Marzo 2014
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