Cambridge raccontata da chi l’ha vissuta
Camilla Eleonora Manara racconta la sua esperienza nella celebre città inglese tra angoli storici e piacevoli sorprese. “Luoghi che non invecchieranno, non cambieranno, non moriranno”, racconta
Sono passati cinque giorni da quando mi sono lasciata Cambridge alle spalle, cinque giorni da quando ho salutato Lance, Lynette e Diane, miei ospiti e insegnanti alla Byron School, cinque giorni da quando ho preso l’aereo da Stansead e sono tornata in Italia.
Come sempre accade, le immagini della città inglese si confondono nella mia memoria, diventano meno chiare, meno definite, si annebbiano. Tuttavia, nel contempo, si selezionano in modo quasi automatico, naturale.
Solo alcune cose, alcune persone, alcuni luoghi, rimangono impressi nella mente, probabilmente quelli più importanti, quelli che ci hanno colpito con maggior forza.
Poco ci appare chiaro come quando lo si ha di fronte, ma quel poco che rimane definito, come quando lo avevamo davanti agli occhi, quello è importante.
Per quanto riguarda Cambridge, ciò che affiora dalla memoria ricostruisce una cittadina abbastanza simile alla sua fama, con le stradine tortuose e acciottolate, con il grande fiume che taglia in due la città.
Ma andiamo con calma.
La prima cosa a cui tutti pensano sentendo pronunciare il nome della ben nota città universitaria sono, appunto, i college. E ce ne sono, certo, in quantità strabiliante.
Ce ne sono nel centro della città, si nascondono dietro piccoli portoni intagliati e decorati, con i loro cortili interni perfettamente curati, uno dietro l’altro, come delle matriosche uniche nel loro genere.
Ce ne sono nella periferia, soprattutto quelli più recenti, con costruzioni moderne che, a parer mio, sfigurano leggermente in confronto ai maestosi e imponenti college che svettano sul fiume Cam.
Sono proprio questi i college più famosi, quelli più rinomati: il Trinity College, il King’s College, il Saint John’s College, il Claire’s college. Questi e altri college possono essere ammirati in modo completo e lineare grazie al painting, sport e attrazione turistica locale dove si è su una chiatta di legno e, grazie a un lungo bastone con la punta arcuata, si percorre il fiume, spingendo il “remo” sul fondo e facendovi pressione.
Come dei guardiani antichi questi college vegliano sul corso d’acqua, gli edifici gotici e i cortili ombrosi, le biblioteche e le cappelle, i ponti che attraversano il fiume Cam e portano ai giardini davanti. Gli uni accanto agli altri trasmettono rispetto e cultura, sembrano escludere dalle loro mura qualsiasi forma di stupidità o frivola leggerezza. Da questi college proviene un profumo di polvere e libri antichi che alleggia per tutta la città, percorrendo vicoli e vie, spandendosi nelle piazze e nei parchi.
Altro elemento caratterizzante la città sono proprio i parchi: angusti e nascosti intorno agli edifici e negli angoli spaziosi delle strade; sul fiume, quelli dei college; oppure ampi e spaziosi, ombreggiati, che si estendono per chilometri interi trasformando la città in aperta campagna.
Gli alberi fungono da appoggio e riparo dal sole sia per i turisti che per gli studenti, i prati e i parchi stessi sono luogo di ritrovo per mangiare, chiacchierare, prendere un po’ di sole o studiare, per leggere o per riposarsi.
Parco più particolare rispetto agli altri è il Botanic Garden di Cambridge, curato dall’università di botanica della città. Più in periferia in confronto agli altri giardini, l’entrata è quasi nascosta, ma appena ci si immerge nella natura sembra di essere catapultati in un altro mondo: grandi serre in legno interamente vetrate contengono le più svariate forme di flora, dalle palme tropicali ai licheni di montagna; sconfinati prati verdi circondano le serre e, poco più in là, c’è un bosco lasciato al suo stato naturale, con rami contorti e tronchi possenti; appena fuori dalla piccola foresta, campi di grano maturo e di spighe sembra che percorrano leghe e leghe, dando alla terra un colore dorato. Attraversando sentieri acciottolati si arriva al cuore del parco: un laghetto, chiamato con ragione Lago Incantato, brilla alla luce del sole, con salici piangenti che singhiozzano nelle sue acque, con orchidee che ne ricoprono una parte in superficie, con papere e paperotti che vi sguazzano allegri.
Per avere una visione completa di tutto questo splendore, i botanici hanno riprodotto ad arte della vegetazione tipicamente inglese, e l’hanno collocata su una montagnola, non imponete ma abbastanza alta, da cui si può ammirare l’intera distesa di meraviglie.
Ultima tappa, ma non meno importante, è Market Square: piccola piazza centro e cuore della città, da cui si snodano tutte le strade, interamente ricoperta da bancarelle multicolori e con mercanzie delle più varie, frutti d’ogni tipo e colorati, dischi in vinile, libri d’antiquariato, vestiti indiani e molto altro. Qui pulsa la vita e la storia di Cambridge.
Questi sono i luoghi che rimarranno per sempre nei miei ricordi, che vivranno con me, senza scolorirsi o confondersi, ma mantenendo intatto il loro fascino. Per citare Shakespeare in love, non invecchieranno, non cambieranno, non moriranno.
Rimarranno esattamente come li vidi per la prima volta.
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